Ven. Apr 19th, 2024

La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi proposti e per gli imputati si sono aperte le porte del carcere

Continua dopo la pubblicità...


IonicaClima
amaCalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

 Diventano definitive le condanne per quattro imputati coinvolti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro “Pietranera”, che il 7 dicembre 2017 ha portato la Squadra mobile del capoluogo di regione ad eseguire 7 misure cautelari nei confronti di capi e gregari della cosca Gallelli di Badolato, ritenuti responsabili di numerosi episodi estorsivi, aggravati dalle modalità mafiose, ai danni di un’impresa agricola appartenente ad una nota famiglia di latifondisti, i baroni Gallelli di Badolato, costituitisi parte civile e rappresentati dall’avvocato Michele Gigliotti. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha confermato quanto sentenziato dalla Corte di appello di Catanzaro, presidente Antonio Giglio, a latere Maria Rosaria Di Girolamo e Pietro Scuteri,  il 3 marzo del 2022 nei confronti di Vincenzo Gallelli, alias Cenzo Macineju, condannato a 6 anni di reclusione e 5 mila euro di multa; Antonio Gallelli, 6 anni di reclusione e 5mila euro di multa; Francesco Larocca, 4 anni di reclusione e 3.333 euro di multa e Giuseppe Caporale,6 anni e 5 mila euro di multa.  Per tutti l’aggravante mafiosa era già crollata in primo grado e in appello gli imputati, codifesi dagli avvocati Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Domenico Pietragalla  e Vincenzo Maiolo Staiano, avevano già ottenuto forti riduzioni di pena. Ora però la Cassazione per loro ha aperto le porte del carcere. 

Le attività di indagine

Le attività investigative, condotte dalla Squadra Mobile di Catanzaro, coordinate dalla Procura distrettuale antimafia, hanno permesso di accertare che il capo cosca Vincenzo Gallelli, 79 anni,  sin dai primi anni ’90 avrebbe imposto la “guardiania” sulle proprietà della nota famiglia di Badolato, fissando inoltre le modalità di sfruttamento dei terreni, costringendo di anno in anno gli imprenditori a concedere pascolo ed erbaggio ai propri familiari, nipoti e pronipoti, impedendone il libero sfruttamento commerciale da parte dei legittimi proprietari. La pressante condizione di assoggettamento ed omertà imposta ai titolari dell’azienda agricola, realizzata anche con sistematici danneggiamenti alle strutture dell’impresa, li avrebbe costretti a modificare e rivedere, termini e  condizioni contrattuali stabiliti con altri operatori agricoli, la cui presenza doveva rappresentare una sorta di argine alle pretese e ai condizionamenti di Vincenzo Gallelli. 

Print Friendly, PDF & Email