Gio. Mar 28th, 2024

Dopo 9 anni ristabilita la verita al Gom di Reggio Calabria. Perché tanti anni per assolvere i medici quando i fatti erano chiarissimi sul loro comportamento corretto?

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Nel pomeriggio del 29.05.2023 – si è felicemente conclusa per i Dott.ri Vincenzo Amodeo e Antonio Pangallo, così come per gli altri quattro sanitari del reparto di Cardiologia del GOM una lunga e logorante vicenda giudiziaria risalente al lontano 2014
A seguito del decesso di un paziente quasi ottantenne avvenuta presso il reparto di Cardiologia del GOM in data 10 giugno 2014, i familiari presentavano denuncia all’Ufficio di Procura di Reggio Calabria assumendo un errore nelle procedure terapeutiche effettuate al proprio congiunto, il quale era improvvisamente deceduto dopo qualche giorno di terapia intensiva coronarica e, successivamente, transitato al reparto ordinario.
Eseguito esame necroscopio e consulenza di parte affidata a due sanitari dell’Università di Messina, l’Ufficio di Procura, nella persona del dott. Gullo, contestava di lì a poco nei confronti di tutti i sanitari che avevano svolto turni di servizio a cavallo tra il 4 e 10 giugno, il reato di omicidio colposo perché “nella qualità di medici in servizio presso l’U.O. di Cardiologia della A.O.Bianchi Melacrini Morelli ove il paziente G.M. era stato ricoverato il 4 giugno 2014 con diagnosi di fibrillazione atriale, disfunzione ventricolare sinistra, insufficienza mitralica, IRC, bradicardia complicata da asistolia, cooperavano colposamente tra loro con le condotte di seguito descritte cagionando la morte di Morello Giuseppe per fibrillazione ventricolare da torsione di punta secondaria ed allungamento del QT, con successivo ritmo terminale ed asistolia, in soggetto con degenerazione mucoide ed insufficienza della valvola mitralica, aterosclerosi coronarica non critica, fibrosi interstiziale del miocardio atriale e del ventricolo sinistro, insufficienza renale cronica”.
Ai sanitari veniva dunque addebitata la morte del loro paziente per avere gli stessi posto in essere una condotta omissiva, e comunque in supposta violazione delle linee guida applicabili al caso.
Nel corso del dibattimento , il paradigma offerto dalla Pubblica Accusa attraverso i propri periti, è stato del tutto smentito dai consulenti di parte designati dagli imputati, professionisti di cardiologia interventistica di livello nazionale quali i professori Indolfi e Chiricolo e dal colonnello Medico specialista in Medicina Legale Dott. Giuseppe Tringali, così come, con abile attività dei difensori, è emerso che i medici impegnati in reparto nel trattare lo stato di salute del paziente, ciascuno per l’attività prestata, abbiano fatto corretta applicazione di tutte le Linee Guida Internazionali in materia di attività medico chirurgica, nonché dei più tradizionali canoni di prudenza, diligenza e perizia, in relazione al caso concreto.
Le difese tutte hanno contribuito a porre in rilievo il fatto che i sanitari di reparto si siano trovati a gestire una situazione clinica particolarmente critica e compromessa allorquando il paziente, in transito dalla terapia intensiva ( UTIC) al reparto di c.d. “stabilità”, è stato dagli stessi preso in cura.
La qualità del contributo dei sanitari , che quali imputati si sono sottoposti all’esame diretto del P.M. in sede dibattimentale, e la perentorietà delle disamine effettuate in sede di audizione dai periti di parte privata, sono stati di tale valenza scientifica che nel corso della requisitoria il PM non ha potuto non dare atto della fallacità delle originarie conclusioni dei consulenti che designati dall’Ufficio di Procura, e quindi concludere con richiesta di assoluzione degli imputati tutti sebbene con la formula dubitativa .
In estrema sintesi l’Ufficio di Procura ha riconosciuto come la valutazione iniziale operata dai propri periti in ordine ad una condotta omissiva e/o imperita dei sanitari del reparto di cardiologia, ossia trattare una supposta torsione di punta conseguente, con terapia da praticarsi anche attraverso la somministrazione endovena di farmaci , e procedere in extremis alla stimolazione elettrica, dovevano considerarsi valutazioni dei periti del tutto errate, avendo peraltro come riferimento le condizioni critiche del paziente, il quale, monitorato 24 ore su 24 , versava in condizioni tali dal non rendere oggettivamente possibili dette terapie, se non a scapito del paziente stesso.
Il PM ha pertanto riconosciuto e preso atto che tutti i consulenti di parte – concordemente tra loro – hanno affermato l’errore dei consulenti dell’Ufficio di Procura nella individuazione della causa della morte del paziente e cioè una fibrillazione ventricolare, errore sulla base del quale era stata originariamente realizzato l’impianto accusatorio.
Il dibattimento, protrattosi per oltre 20 udienze, ha consentito di pervenire alla formazione di una prova certa della insussistenza di colpa da parte dei sanitari tutti, essendo stato dimostrato – al di là di ogni ragionevole dubbio – che i sanitari hanno ben operato nel pieno rispetto delle linee guida e delle buone pratiche mediche di riferimento, avendo a cura solo e soltanto la salute del paziente.
La assoluta innocenza dei dottori Enzo Amodeo e Antonio Pangallo, così come degli altri sanitari – per come emersa dalle risultanze dibattimentali – è stata inequivocabilmente riconosciuta ed accertata dal Tribunale penale di Reggio Calabria, nella persona del Giudice Monocratico dott. Marco Cerfeda, il quale ai sensi dell’artico 530 c.p.p., ha assolto gli imputati in ordine al reato loro ascritto “ perché il fatto non sussiste”.
L’assoluzione con tale ampia formula liberatoria non solo ridà fiducia e vigore ai cinque medici che per ben 9 anni hanno dovuto sopportare l’infamia di un’accusa così grave , ma mette al sicuro la posizione patrimoniale del Grande Ospedale Metropolitano che, in ipotesi di pronuncia di condanna dei sanitari legati da rapporto organico con l’Azienda sanitaria, sarebbe stato di lì a poco chiamato in sede giudiziale a rispondere di risarcimento dei danni, così come purtroppo di recente avvenuto in ipotesi consimili con ingente esborso per le casse dell’ente.
L’impegno profuso dall’Avv. Natale Carbone, che ha difeso Amodeo e Pangallo, e degli avvocati difensori degli altri imputati, insieme alle ineccepibili motivazioni scientifiche prodotte dai periti di parte, ha portato ad un risultato atteso da tempo e che rende onore alla professionalità dimostrata da tutti gli indagati, nel corso della loro lunga carriera al servizio dei malati ricoverati nel più grande ospedale cittadino.
A riguardo c’è da stigmatizzare il ruolo che ha avuto Amodeo durante la sua lunga attività lavorativa all’interno del nosocomio reggino, dove ha lasciato tracce indelebili del suo impegno professionale, per poi transitare presso l’Ospedale di Polistena dove, pur tra mille difficoltà appositamente create al fine di scoraggiarlo e di costringerlo all’abbandono, ha continuato con crescente grinta fino a far diventare la Cardiologia/UTIC e Cardiostimolazione, che dirige da tempo, un fiore all’occhiello della Sanità calabrese.

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