Sab. Ott 12th, 2024

Nel Mezzogiorno il numero delle pensioni supera quello degli occupati. Entro il 2028 la tendenza potrebbe coinvolgere l’intero Paese, minacciando la sostenibilità del sistema previdenziale ed economico.

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Nel Sud Italia si registra un dato allarmante: le pensioni superano i salari. Tra le città più “assistite” spicca Reggio Calabria, seguita da Lecce, Napoli, Messina e Palermo. Il fenomeno è emblematico di una crisi demografica che affligge l’intero Mezzogiorno, caratterizzato da un’alta diffusione di trattamenti sociali e pensioni di inabilità. Ma questo squilibrio non resterà confinato al Sud: secondo le previsioni dell’Ufficio studi della CGIA, basate su dati Inps e Istat, entro il 2028 circa 2,9 milioni di italiani raggiungeranno l’età pensionabile, di cui la maggior parte attualmente occupata nelle regioni del Centro-Nord.

Questo scenario evidenzia una preoccupante fragilità del sistema lavorativo italiano, messo in crisi dall’invecchiamento della popolazione e dalla bassa natalità. La progressiva uscita dal mercato del lavoro di un gran numero di occupati, senza adeguato ricambio generazionale, rischia di far impennare ulteriormente il numero delle pensioni rispetto ai salari. Con l’aumento dei pensionati rispetto agli attivi, la sostenibilità economica del nostro sistema previdenziale e sanitario potrebbe essere seriamente compromessa.

Gli ultimi dati ufficiali disponibili, riferiti al 2022, evidenziano un fragile equilibrio: 23,1 milioni di lavoratori contro 22,8 milioni di pensionati. Tuttavia, negli ultimi mesi il numero degli occupati è cresciuto, ma altrettanto è accaduto per il numero delle pensioni, portando il saldo a un pericoloso avvicinamento tra queste due voci. Alcune province meridionali già mostrano un marcato squilibrio: Lecce (-97mila), Napoli (-92mila), Messina (-87mila), Reggio Calabria (-85mila) e Palermo (-74mila).

L’elevata diffusione di pensioni al Sud non è dovuta esclusivamente a un’abbondanza di pensioni di vecchiaia, ma è il risultato di un mix di fattori preoccupanti, quali la denatalità, l’invecchiamento della popolazione, un tasso di occupazione inferiore alla media europea e un’elevata percentuale di lavoro irregolare. La combinazione di questi elementi ha drasticamente ridotto il numero dei contribuenti attivi, facendo lievitare la platea di chi percepisce sostegni economici dallo Stato. Una situazione che non interessa solo l’Italia, ma che sta mettendo sotto pressione anche le economie di molti paesi occidentali, portando a riflessioni urgenti sul futuro del welfare.