Lo dimostra uno studio indipendente del Laboratorio di Neuroimmunologia dell’ospedale Santa Lucia IRCCS di Roma che dimostra lo sviluppo di una risposta cellulare che si mantiene nel tempo
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di Raffaella Silvestro
La seconda dose di vaccino anti-Covid
produce non solo la risposta anticorpale ma crea anche la
memoria immunologica capace di proteggere a lungo termine la
persona. Lo dimostra uno studio indipendente del Laboratorio di
Neuroimmunologia dell’ospedale Santa Lucia IRCCS di Roma, che
conferma la presenza di linfociti T della memoria per almeno 6
mesi dalla prima dose del vaccino, confermando lo sviluppo di
una risposta cellulare che si mantiene nel tempo. Per i soggetti
sani, dunque, rilevano i ricercatori, “la terza dose di vaccino
potrebbe non essere necessaria”.
La posizione espressa dal CTS è dunque corroborata, afferma
l’ospedale, dal nuovo studio del laboratorio di Neuroimmunologia
Santa Lucia IRCCS di Roma, i cui dati sono stati pre-pubblicati
sulla piattaforma di interscambio BioRxiv. Lo studio, condotto
su 71 soggetti, ha valutato la risposta al vaccino
Pfizer-Biontech, simulando in vitro l’incontro tra il virus e
le cellule del sistema immunitario. I partecipanti allo studio,
tutti operatori sanitari e colleghi che hanno ricevuto il
vaccino a gennaio, sono stati monitorati per 6 mesi, misurando
l’andamento della risposta immunitaria nel tempo. I risultati
hanno dimostrato che il vaccino induce, oltre alla produzione di
anticorpi, anche lo sviluppo di cellule della memoria
immunologica.
“I nostri dati – spiega Giovanna Borsellino, neuroimmunologa
e direttrice del laboratorio di Neuroimmunologia dell’ospedale
romano – confermano che già dopo la prima dose si innesca la
risposta delle cellule del sistema immunitario, che da un lato
facilitano la produzione degli anticorpi, e dall’altro agiscono
direttamente sulle cellule infettate dal virus. L’aspetto
importante osservato è che viene generata la memoria
immunologica, anche grazie alla presenza delle cosiddette
‘cellule staminali della memoria’, ossia un bacino di cellule
longeve e specifiche per il coronavirus che possono rapidamente
espandersi per contenere l’infezione. Analogamente agli altri
vaccini la presenza della memoria immunologica potrebbe durare
diversi anni, confermando da una parte l’efficacia della
protezione del vaccino e dall’altra la necessità di effettuare
un’eventuale terza dose solo a soggetti immunodepressi, come
indicato dal CTS”. Lo studio fa parte di una più ampia missione
affidata al laboratorio di Neuroimmunologia del Santa Lucia
IRCCS per valutare la risposta al virus in persone colpite da
Sclerosi Multipla che assumono una terapia immunomodulante o
immunosoppressiva. Lo studio è stato condotto utilizzando
macchinari estremamente sofisticati necessari per identificare,
all’interno dei miliardi di cellule che compongono il sistema
immunitario, le cellule T attivate dalla proteina Spike del
virus Sars-COV-2 indotte dalla vaccinazione.