Tra le famiglie c’era grande attesa sulla delega che doveva ridisegnare il sistema dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Ora davanti al testo della delega notiamo un qualche passo indietro.
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Sono oltre 224.000 gli studenti con disabilità iscritti alle scuole d’Italia. Le loro famiglie guardavano con grandissime aspettative alla delega collegata alla legge 107, che doveva non solo ridefinire le regole per la formazione degli insegnanti di sostegno e il loro accesso al ruolo, ma soprattutto ridisegnare il sistema dell’inclusione scolastica italiana, a quarant’anni dalla legge Falcucci.
Ricordiamo che a settembre scorso, il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone diceva così;
«Nel testo che stiamo elaborando stiamo tenendo conto di tutte le criticità che sono emerse fin qui sul tema dell’inclusione degli studenti disabili, per eliminarle e per spazzare via una volta per tutte le ipocrisie che sporcano un sistema d’eccellenza a confronto con gli altri paesi europei. Per questo stiamo andando sempre più nella direzione di una maggiore formazione e competenza per i docenti di sostegno, che fanno un lavoro straordinario ma vanno preparati adeguatamente e in maniera più specializzata, ma anche e soprattutto di tutta la comunità scolastica, perché l’inclusione è responsabilità di tutti e non soltanto di un insegnante particolare per un certo numero di ore. Stiamo andando incontro alle esigenze delle famiglie dando continuità al sostegno per i propri figli, semplificando e uniformando a livello nazionale il sistema di certificazione. Stiamo guardando a un “progetto di vita” per questi ragazzi che tenga conto delle loro abilità e che vada oltre il piano educativo della scuola».
Promesse da onorevoli mentre lo schema dei dgl 378 è stato approvato il 14 gennaio ed è stato trasmesso alla Camera, e secondo le famiglie degli studenti e di tutte le Associazioni di categoria, non realizza quelle aspettative, ma è una vera regressione.
Da una prima analisi, Amici di Nicola l’Organismo per la tutela dei diritti delle persone con Disabilità, commenta così, «C’è ben poco da dire, tutte le grandi attese sono deluse, soprattutto dei famigliari, non vediamo nessuna evoluzione concettuale del sistema». Partiamo dalla continuità, tema cruciale per alunni e famiglie, che oggi vivono il caos assoluto: «il fatto che l’insegnante di sostegno prima di chiedere il passaggio sui posti comuni debba stare per dieci anni sul sostegno, non garantisce alcuna continuità didattica», spiega il Presidente, poiché anche stando sul sostegno l’insegnante potrebbe cambiare ogni anno scuola e alunno. Quanto alla formazione degli insegnanti, con la richiesta di una formazione di base sui temi dell’inclusione per tutti gli insegnanti, compresi quelli della scuola secondaria, non c’è nulla e questo è un grave problema, «c’è solo un corso di specializzazione sul sostegno, da 60 crediti, come oggi. I 120 crediti di cui parla il testo sono divisi in realtà in due, 60 al corso e 60 pregressi per poter accedere al corso. E cosa faranno per maturare quei 60 crediti? Per la primaria possono farsi riconoscere quelli fatti durante l’università, il tirocinio e la tesi, quindi di fatto la formazione è uguale ad oggi. Sulla secondaria invece, che in università ha solo 6 o 7 crediti sull’inclusione, non si capisce dove uno possa andare a prenderli. È ridicolo.
Il nodo più pericoloso, per Amici di Nicola, si nasconde nell’articolo 8, quello che disegna il GIT, Gruppo per l’inclusione territoriale. «Ce ne saranno 300, uno per ambito, composti da docenti e dirigenti e saranno loro a quantificare la proposta di ore di sostegno di cui l’alunno ha bisogno non sarà più in base alle esigenze dello studente disabile e della famiglia, c’è questo “allontanamento” in violazione della L. 328/2000, ciò sarà un meccanismo di freno e non saranno presenti associazioni ed enti locali in quanto nel GIT decideranno solo componenti interni all’amministrazione scolastica, questo non va bene. Quindi non ci sarà più possibilità di fare ricorso per le famiglie (in violazione della Costituzione) ne per chiedere più ore di sostegno. Così, dopo aver avuto le ore, la scuola fa il PEI, partendo dalle risorse assegnate. Il PEI non è più la fonte delle risorse, c’è un distacco.
Venendo alla presa in carico da parte di tutti i docenti curricolari, «non c’è nessuna novità sulla formazione che disegni la possibilità concreta che i curricolari si occupino di inclusione: tutta la novità che si pensava non c’è. Per chi insegnerà alla scuola secondaria, sei crediti erano e sei restano». E pure per la carriera degli insegnanti di sostegno, si prevedono 4 ruoli di sostegno ma sempre con la possibilità di passare a cattedre comuni dopo 10 anni, e c’è la possibilità di avere una supplenza per un anno in più, ma le Associazioni chiedevano una continuità di almeno due anni o dell’intero ciclo. Questo è un punto nodale e non c’è una riga». Infine, osservando il decreto sulla valutazione degli alunni, c’è un «arretramento pauroso», là dove si dice che alla fine della scuola secondaria di primo grado gli alunni «devono fare prove d’esame equipollenti, dimostrando di conoscere elementi basilari della disciplina e non prove differenti, come previsto dalla legge 104. Moltissimi ragazzi non avranno il diploma ma solo un attestato, andranno alla scuola superiore ma anche lì non potranno fare l’esame maturità, potranno avere solo un attestato. È un punto che non condividiamo assolutamente».
Un testo non condiviso da alcuna associazione e in violazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, (La stessa cosa è stata fatta con i Lea).
I cambiamenti che il decreto introduce, se non saranno prontamente modificati, segneranno ancor più quegli orientamenti che porteranno alla fine del processo di integrazione. Poi potremmo anche parlare di inclusione, ma per gli alunni con disabilità resteranno le scuole speciali o, nella migliore delle ipotesi (usando l’eufemismo), le “classi speciali”.
Amici di Nicola