“I bergamotticoltori reggini soffrono mentre la politica latita lasciando spazio alla malapolitica e ai poteri forti, ignorando la realtà dei fatti e senza alcuna vergogna”. E’ la dichiarazione e la sintesi di quanto, a distanza di mesi, i produttori di bergamotto continuano a denunciare incessantemente. “Nessun ristoro per la crisi della campagna bergamotticola del 2023, nonostante le promesse sbandierate da politici e politicanti e mai mantenute a causa del disinteresse della Regione mentre gli agricoltori guardano sconsolati il cielo sgombro di nubi e attingono con fatica alle risorse idriche, sempre più scarse, dei pozzi aziendali e dei consorzi di bonifica” afferma Giuseppe Falcone tra i cofondatori del “Comitato dei bergamotticoltori reggini”. Per Falcone “i bergamotticoltori cominciano a chiedere lumi sul prezzo del poco frutto rimasto sugli alberi, anche quest’anno sofferenti per la mancanza di acqua o addirittura, a causa della risalita del cuneo salino, stressati dalla presenza di cloruro di sodio che ne danneggia gravemente la vegetazione. Un prezzo che verrà fissato dai soliti oligopolisti senza possibilità alcuna di valorizzare il frutto fresco come si potrebbe, nel silenzio di chi dovrebbe tutelare e controllare, al di la dei numerosi conflitti di interesse presenti in campo, è il caso di dire. Probabilmente tutti gli sforzi dei cosiddetti paladini del “principe degli agrumi” quasi decaduto, sono concentrati a boicottare l’unica iniziativa concreta da vent’anni a questa parte e che dopo tre anni di sforzi e perseveranza ha ottenuto un obiettivo a difesa e valorizzazione del Bergamotto di Reggio Calabria: l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) approvata a dicembre scorso dal Ministero e bloccata a febbraio dalla Regione Calabria per motivi familistici ormai noti a tutti; tutto ciò a causa di capricci e molta incompetenza e probabilmente, ancora una volta, per garantire qualche dollaro in più a quella casta che da decenni imperversa su questo vitale comparto dell’agricoltura reggina e che verrebbe danneggiata da una vera certificazione europea di qualità come l’IGP che richiede invece controlli seri sull’origine del prodotto, col rischio di perdere le poltrone e le risorse della finta DOP di un’essenza che non esiste nei fatti, in quanto si usa solo per i profumi e la cosmesi e non per il food come tutte le altre DOP e le IGP italiane ed europee”. Continua Falcone:”La cosa che, se non fosse tragica, suscita ilarità, è l’atteggiamento delle altre organizzazioni di categoria che mentre a gran voce declamano le virtù, l’unicità e la preziosità del Bergamotto di Reggio Calabria (quando non lo chiamano “di Calabria”), continuano ad asserire, naturalmente in coro con gli organi teoricamente preposti alla sua difesa e con l’assessore Gallo e il presidente Occhiuto, che il Bergamotto è l’agrume meglio pagato e che il prezzo di vendita consente ai produttori di affrontare con tranquillità le avversità climatiche e i costi di produzione sempre più elevati. In realtà questo atteggiamento ha fatto sì che negli ultimi tre anni il prezzo pagato ai produttori si sia abbassato fino al 35% sia per il frutto fresco che per il frutto da industria! Si è infatti passati da una quotazione di 130 euro al quintale per il frutto fresco e di 100 euro al quintale per il frutto da industria, ai prossimi presunti 110 euro al quintale per il frutto fresco e ai probabili 65-70 euro al quintale per il frutto da industria (ovvero per l’essenza). Se questo è il risultato ottenuto dalla classe dirigente che gestisce le politiche sul comparto e boicotta la conclusione dell’iter dell’IGP mi domando cosa si possa sperare per il futuro”. Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro PMI, ha ribadito l’importanza di valorizzare e tutelare il Bergamotto di Reggio Calabria, un prodotto eccezionale e unico, che merita di essere protetto in ogni modo: “Un prodotto così straordinario come il Bergamotto di Reggio Calabria deve essere posto al centro di politiche che lo salvaguardino, al di là di orientamenti o convinzioni che talvolta non rispecchiano le dinamiche reali del mercato. I regolamenti comunitari, infatti, chiariscono in modo netto le differenze tra le certificazioni IGP e DOP per i prodotti ortofrutticoli. Conflavoro PMI, a fianco dei produttori di bergamotto, si impegna a supportare le aziende agricole anche nell’osservanza del Decreto Legislativo 198/2021, che regola i contratti per evitare pratiche sleali nei confronti dei fornitori di prodotti primari, tra cui le aziende agricole. Un decreto che stabilisce le modalità dei rapporti con la grande distribuzione organizzata, permettendo di determinare i prezzi di vendita al consumatore finale in modo equo, sulla base dei reali costi di produzione; Conflavoro PMI continua il proprio impegno a sostegno delle imprese agricole, con l’obiettivo di garantire una filiera trasparente e rispettosa delle esigenze dei produttori di eccellenze come il Bergamotto di Reggio Calabria e siamo certi che con l’ottenimento dell’IGP ci sarà una grande svolta sul mercato nazionale ed europeo per questo prodotto e i suoi derivati agroalimentari sempre più richiesti”. Francesco Macrì presidente regionale di Copagri Calabria asserisce che “i bergamotticoltori sono stanchi di aspettare la conclusione del percorso dell’IGP approvato a dicembre, portato avanti per tre anni dall’encomiabile “Comitato promotore per l’IGP Bergamotto di Reggio Calabria” guidato strenuamente dall’agronomo Rosario Previtera, che annovera oggi più di 500 operatori e più di 800 ettari; gli agricoltori non riescono a comprendere perché il Ministero all’agricoltura temporeggi ancora nel convocare la tanto attesa Audizione di pubblico accertamento atta a concludere l’iter, più volte rimandata e poi bloccata dalla Regione la quale ha deciso di sostenere una fantomatica DOP che dovrebbe riguardare anche il frutto, la cui istruttoria ministeriale in realtà non è mai iniziata e non inizierà, nonostante chi ha altri interessi affermi il contrario. Sembra assurdo che le istanze reali della base agricola a distanza di quasi un anno possano essere disattese a causa delle esigenze di pochi e per niente rappresentativi soggetti, nonostante le continue denunce dei fatti manifestate sin da marzo scorso sulla stampa e con partecipate assemblee pubbliche a favore dell’IGP, tra l’altro supportate sia dalla destra che dalla sinistra, dai sindaci, dalle OP, da associazioni agricole riconosciute. Ancora più assurdo è il voler sostenere a tutti i costi, forse per non voler ammettere di aver sbagliato e di dover tornare indietro, l’estensione al frutto di uno strumento come la DOP dell’essenza che dal 2001 ad oggi non ha mai portato benefici o risultati concreti. Più volte ci siamo interfacciati con la politica e gli organi decisionali per far capire che è meglio tornare sui propri passi iniziali, a favore del territorio, ottenendo così il plauso della base agricola, alla quale non interessa minimamente il passato e ciò che è stato detto sui social o sulla stampa, ma interessa il futuro nella sua concretezza che oggi può essere solo l’IGP. Purtroppo oggi si vive più sul web che sui campi. E con grande amarezza constatiamo anche che in questi anni e negli ultimi mesi, a causa dello stallo venutosi a creare, sono state perse diverse occasioni di finanziamento ministeriali e regionali a favore della promozione del bergamotto e del territorio che l’IGP avrebbe potuto ottenere grazie a specifici Bandi rivolti ai prodotti agricoli di qualità e non certo a prodotti inesistenti e non agricoli come l’essenza DOP, la quale infatti continua a rimanere inerme e senza senso”. Giuseppe Mangone, presidente di ANPA Calabria – Liberi agricoltori ricorda che “la nostra organizzazione è stata ricevuta a suo tempo dall’assessore Gallo che ci rassicurò anche in merito all’iter dell’IGP, prima ancora di farlo pubblicamente dalle pagine dei giornali i primi di febbraio. Poi il 28 febbraio, la riunione farsa alla Cittadella con l’assessore stesso, col presidente Occhiuto, le altre associazioni di categoria, la Camera di commercio regina, il Comitato promotore dell’IGP, per stabilire unilateralmente che la “DOP è meglio dell’IGP” e quindi il successivo boicottaggio e richiesta al Ministero di apposita convocazione. Si era giunti a un passo dalla conclusione per l’ottenimento dell’IGP, mancando solo l’Audizione pubblica e avendo sbugiardato pubblicamente una a una le menzogne tirate in ballo da vari soggetti, più o meno in cerca di autore, e senza alcun fondamento, costruite ad arte contro l’IGP e a salvaguardia di un “disciplinare DOP” pieno di incongruenze, contraddizioni ed errori macroscopici: ci chiediamo come abbiano fatto alla Regione a rilasciare il parere favorevole anche a questo disciplinare e alla documentazione carente rispetto a quanto richiesto dal regolamento comunitario; probabilmente non l’hanno neanche letto essendo il “caso bergamotto” diventato una vera questione di principio e una mera questione politica e di antichi interessi consolidati da preservare. Elemento quest’ultimo che fa il paio con le evidenti problematiche di conflitto di interessi e di foraggiamento del Consorzio del Bergamotto e alle modalità di spesa dei fondi pubblici previsti annualmente. Da più parti giunse la richiesta di commissariamento del Consorzio del bergamotto, naturalmente caduta nel vuoto”. Aurelio Monte di USB-Lavoro Agricolo sottolinea che “Il 10 settembre scorso il Dipartimento agricoltura della Regione Calabria è stato convocato dal Ministero su espressa richiesta regionale del 28 febbraio per dimostrare la presunta rappresentatività del gruppo che sostiene la DOP; l’assessore Gallo e il dirigente sono ritornati naturalmente a mani vuote non avendo avuto nulla da dimostrare, visto che probabilmente pensavano che la rappresentatività fosse quella associativa e non quella dei produttori reali; per cui oggi continuano a serrare le fila con i loro supporter ripetendo con forza che in pochi mesi otterranno la DOP anche per il frutto. Tutti ricordiamo che lo dicevano convinti anche a gennaio e di fatto, dimenticando che l’ente regionale dovrebbe essere super partes, hanno solo bloccato per ben dieci mesi un iter quasi concluso, quello dell’IGP approvato, che qualunque politico di buon senso e qualunque associazione di categoria vera, avrebbe accettato e sostenuto di buon grado. E’ un caso unico in Europa che una Regione rilasci un parere favorevole per una IGP e poi lo ritiri dopo tre anni. E mentre i bergamotticoltori vivono l’ennesima crisi, qualcun’altro, tra una passerella e l’altra, continua a fantasticare sulla DOP dell’essenza come elemento di richiamo turistico, facendo finta di non vedere o non ha proprio capito che la DOP del 2001 non è mai esistita concretamente e che se ne parla da anni solo per millantare uno sviluppo mai avvenuto, visto che il bergamotto fuori dai nostri confini in realtà è pressocchè ancora sconosciuto. Tutto ciò dimostra che l’obiettivo reale è sempre stato uno sin dall’inizio: creare confusione tra DOP e IGP e accumulare ritardi per far si che nulla cambi e tutto rimanga tal quale a vantaggio della casta del bergamotto che si perpetua di generazione in generazione, da zio a nipoti”.
Continua....