Il commissario che guida il Comune di Cosenza invia in prefettura un’informativa sui debiti del candidato a sindaco. Il ministro dell’Interno chiamato a esprimersi sull’incompatibilità dell’archittetto con l’incarico di primo cittadino.
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COSENZA Un primo dato è certo: «Allo stato non sussistono contenziosi tra il Comune e il candidato a sindaco Occhiuto». A dirlo è il commissario prefettizio Angelo Carbone, che da qualche mese si trova alla guida di Palazzo dei Bruzi. La frase è contenuta alla fine di una lunga informativa che il funzionario dello Stato ha spedito nelle scorse ore in prefettura, dopo che i parlamentari del Pd (ma non solo, visto che sull’atto indirizzato al ministro Alfano c’è pure la firma del deputato verdiniano Pino Galati) hanno presentato un’interpellanza urgente per chiedere se l’ex sindaco-ricandidato di Cosenza è compatibile con l’incarico di primo cittadino nonostante le procedure di pignoramento che pendono sulle sue spalle. Scrive sempre Carbone: «Non è nemmeno possibile prevedere ulteriori contenziosi per la complessità di queste procedure e potendo intervenire, in qualsiasi momento, il pagamento spontaneo del debitore esecutato». C’è molto burocratese – e non poteva essere altrimenti – nella comunicazione vergata dal commissario, ma ciò non modifica la sostanza dei fatti. E cioè che l’elezione di Occhiuto, ex sindaco che si ricandida col sostegno di quindici liste vicine civiche e vicine al centrodestra, rischia di essere invalidata da fattori extra-politici.
Deve essere letta in questa direzione la decisione del commissario prefettizio di inviare, «per la valutazione di comportamenti omissivi sulla dichiarazione di terzo e sugli obblighi del custode, tutta la documentazione acquisita alle autorità preposte ai controlli sugli atti ed attività degli enti locali». È questo il passaggio chiave, la conferma che sarà Roma a pronunciare l’ultima parola su uno dei grandi interrogativi che aleggia sull’anomala campagna elettorale cosentina. Nei prossimi giorni è attesa a Montecitorio la risposta del ministro dell’Interno all’interpellanza. Negli ambienti del Pd c’è la convinzione che il pronunciamento del titolare del Viminale possa arrivare a stretto giro, magari prima dell’election day di domenica 5 giugno.