Dalla marginalizzazione alla valorizzazione: la comunità grecanica si mobilita per l’insegnamento nelle scuole
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Sospesi tra passato e presente, i discendenti della minoranza greco-calabra continuano a battersi affinché l’antica lingua di Omero non scompaia. Attraverso attivismo e associazionismo, la comunità cerca di preservare un patrimonio millenario, oggi sempre più fragile.
Reggio Calabria, con il suo tessuto sociale complesso, ha accolto negli anni i figli dell’Aspromonte, compresi i roghudesi e i gallicianesi, che hanno portato con sé la propria cultura e lingua. Tuttavia, il grecanico è stato a lungo oggetto di stigma, considerato un segno di diversità più che di ricchezza. Solo grazie all’impegno di studiosi e attivisti, la comunità ha iniziato a riscoprire il valore della propria identità linguistica.
«Ci chiamavano con epiteti che non sentivamo offensivi, ma ci mettevano in imbarazzo», racconta Peppe Zindato, presidente dell’associazione Cumelca. «Fu il professor Minuto a farci capire che la nostra era una lingua antichissima, non un dialetto minore».
Oggi, però, la comunità grecanica si trova di fronte a una sfida cruciale: tramandare la lingua alle nuove generazioni. Mentre alcuni membri sognano di tornare nei loro paesi d’origine, altri vedono nell’insegnamento scolastico l’unica via per la sopravvivenza del greco di Calabria.
«La legge 482 del 1989 ha rappresentato un’importante tutela per le minoranze linguistiche», spiega Carmelo Trapani, figlio della poetessa Francesca Tripodi. «Ma la frammentazione delle associazioni ha indebolito la nostra causa. Solo con l’inserimento del grecanico nei curricoli scolastici potremo davvero salvarlo».
Tra nostalgia e speranza, il futuro della lingua grecanica resta incerto. Ma la comunità non smette di lottare affinché questo tesoro culturale non venga dimenticato.