La Corte dei conti europea tira le somme sulla vecchia programmazione. E rilancia un dato monstre che ne svela i difetti. La valutazione degli esperti di OpenCalabria: «Impatto negativo su obiettivi e risultati»
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Dopo la bocciatura arrivata nel gennaio 2018, la Corte dei conti europea tira le somme sui Por 2007-2013 con quattro audit sugli stati membri. Passati al vaglio i conti di Repubblica Ceca, Ungheria, Italia e Romania, una tabella aggiorna un dato monstre sulla Calabria già emerso nei mesi scorsi. Lo divulga il sito OpenCalabria, nato da un gruppo di studio formato da docenti e ricercatori universitari.
«Per il periodo 2007-2013 – si legge in un articolo pubblicato sul sito – lo Stato italiano ha ridotto il cofinanziamento dei fondi strutturali in Calabria di 1,29 miliardi di euro, determinando una riduzione del valore globale e degli effetti potenziali del Por». Che la questione sia non soltanto tecnica ma anche politica si incarica di sottolinearlo una relazione della stessa Corte dei conti pubblicata il 13 settembre scorso. Il succo è che la Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero fare un uso più efficace dei finanziamenti destinanti alla coesione.
Uno degli aspetti presi in esame dalla Corte dei conti dell’Unione europea investe direttamente il meccanismo del cofinanziamento europeo, uno strumento che fa scendere la quota dei fondi a rischio di disimpegno.
«In Calabria – è la sintesi di OpenCalabria –, risulta che per il periodo di programmazione 2007-2013 il tasso di cofinanziamento Ue è stato aumentato dal 50% al 75% sui fondi strutturali e sul Fondo sociale europeo. Questa operazione ha comportato una diminuzione complessiva del contributo nazionale di circa 1,29 miliardi di euro (286,8 milioni per il fondo sociale europeo e 999,4 milioni per gli altri fondi strutturali). Si tratta di risorse che lo Stato avrebbe dovuto versare per co-finanziare i progetti europei in Calabria e che, verosimilmente, ha destinato a diverse finalità. Un aumento del tasso di cofinanziamento europeo, infatti, allenta la pressione sul bilancio nazionale, in quanto diminuisce il contributo dello Stato membro pianificato inizialmente per il Programma Operativo, ma riduce il valore globale del Por stesso. Ciò significa che si contrae anche la portata degli interventi (in numero o dimensioni). È, quindi, possibile che ne discenda un impatto negativo su obiettivi e risultati raggiungibili dai Por».
La bocciatura della Corte dei conti era stata ufficializzata con l’approdo in Parlamento dell’ultima relazione sulla Programmazione 2007-2013. Nel documento sui rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari, i magistrati contabili analizzavano le politiche di tutte le regioni e dedicano un capitolo non proprio carico di elogi al modo in cui politica e burocrazia hanno usato centinaia di milioni di euro in arrivo da Bruxelles. Nel paragone con altre regioni emergeva una differenza netta: «Si evince – si legge nel report – un elevato tasso di utilizzazione dei Fondi in esame da parte di diverse Regioni (Piemonte, Lombardia, Liguria, Marche, Toscana, Sicilia), mentre la Calabria ha registrato un’attività più ridotta, che ha determinato una contrazione del cofinanziamento statale. Fenomeno quest’ultimo che ha interessato, peraltro, anche la Sicilia, la quale, tuttavia, nella fase finale ha speso quasi il totale delle risorse assegnate». Le performance da Cenerentola venivano sottolineate dalla Sezione regionale di controllo che, «in relazione al Fse (Fondo sociale europeo) ha rilevato una palese difficoltà della Regione a realizzare una piena utilizzazione delle risorse allocate e una dimensione limitata di attività (dotazione finanziaria iniziale 860,5 milioni di euro, dotazione post rimodulazioni 573,7 milioni di euro, somma non utilizzata 41,8 milioni di euro)».
Al Fesr (Fondo europeo per lo sviluppo regionale), la Corte dei conti dedicava un paragrafo preoccupante. Se non altro sul piano numerico. «L’ingente dotazione finanziaria iniziale (2,998 miliardi di euro), a seguito delle rimodulazioni intervenute anche in questo Fondo, si è ridotta notevolmente (1,998 miliardi di euro), essendo la differenza confluita nel citato Piano di azione e di coesione per la Calabria». La Calabria ha deciso di riprogrammare un miliardo di euro, spostandolo dalla dotazione iniziale per tentare di “recuperarlo” nel Pac. Dunque «l’attuazione del Fesr è stata caratterizzata da diverse criticità, tra le quali la più rilevante, che ha riguardato il funzionamento del sistema di gestione e controllo, ha dato luogo ad un provvedimento di sospensione dei pagamenti intermedi da parte della Commissione europea». Pur prendendo atto degli sforzi compiuti dalla Regione, i magistrati contabili erano costretti a rilevare «la criticità insita nel ricorso ai cosiddetti “progetti retrospettivi”. Sul tema, la Sezione Calabria ha ricordato che tale pratica, che la Commissione europea ammette, pur considerandola estremamente pericolosa ed in contraddizione con il principio di addizionalità e con il valore aggiunto che dovrebbe avere il Programma, non garantisce la qualità degli interventi, trattandosi di progetti discendenti dalla programmazione nazionale unitaria e selezionati nell’ambito di procedure espletate da altre amministrazioni». I progetti retrospettivi sono progetti ideati da altri enti locali e basati inizialmente su fondi diversi da quelli europei. La Regione (non è l’unica, ovviamente) vi investe utilizzando fondi comunitari che altrimenti dovrebbe restituire: è un modo per non perderli, ma anche la prova dell’incapacità di programmare.