Le dichiarazioni di Samuele Calamucci ai pm di Milano svelano i retroscena del dossier contro l’imprenditore calabrese Francesco Mazzagatti e il coinvolgimento di Equalize nelle indagini sui clan.
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Nuovi dettagli emergono dall’inchiesta sui presunti dossieraggi e cyber spionaggio legati a Eni. Il 16 gennaio 2025, Samuele Calamucci, classe 1979, uno degli indagati, è stato interrogato dai pm della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Milano. Calamucci, considerato il responsabile del “settore informatico”, avrebbe coordinato il gruppo che si occupava di accedere illegalmente ai database del Ministero dell’Interno per conto della società di business intelligence di Enrico Pazzali (classe 1964).
Il report per Eni
Durante l’interrogatorio, Calamucci ha illustrato i dettagli sui rapporti tra l’ex superpoliziotto Carmine Gallo e diversi studi legali. Al centro dell’indagine, un report commissionato da Eni riguardante Piero Amara, Vincenzo Armanna e l’imprenditore calabrese Francesco Mazzagatti. Amara e Armanna, ex collaboratori di Eni, erano stati testimoni chiave nel processo Eni/Shell-Nigeria, conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati nel 2021.
Il report redatto da Gallo conteneva sospetti sulla presunta vicinanza di Mazzagatti alla ‘ndrangheta, basandosi su due elementi: informazioni personali acquisite tramite indagini sui clan calabresi e il suo presunto coinvolgimento in un’inchiesta a Locri. Tuttavia, tali accuse si sarebbero rivelate prive di fondamento.
Le omissioni nel dossier
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, tre report su Mazzagatti furono depositati da Eni prima al Tribunale di Terni, in una causa civile contro Amara, e poi alla Procura di Milano, in un’indagine sui depistaggi relativi ai processi Eni-Nigeria. Lo scopo era quello di sollecitare indagini sull’imprenditore petrolifero, ritenuto un potenziale danno per Eni.
«Le informazioni ci venivano fornite da Speroni per un 60%. Il restante 40% veniva verificato da noi prima di comporre il report», ha dichiarato Calamucci ai pm. Tuttavia, ha ammesso che in alcuni casi non vi era alcun riscontro oggettivo alle informazioni raccolte.
Mazzagatti, venuto a conoscenza del dossier su di lui, ha sporto querela per calunnia e diffamazione contro Gallo. Tuttavia, le accuse sono state archiviate sia a Milano che a Perugia, poiché Gallo non è stato in grado di provare le fonti delle sue affermazioni. Inoltre, il report ometteva un elemento cruciale: sebbene Mazzagatti fosse stato coinvolto in un’indagine a Locri, ne era stato successivamente prosciolto.
Il furto del pc con i documenti di Eni
Un altro episodio inquietante riguarda il furto del computer di Gallo, contenente materiale riservato su Eni. Il fatto risale al marzo 2024, quando l’ex poliziotto si trovava a cena con Enrico Pazzali e le rispettive mogli in zona Fiera a Milano. L’auto di Gallo è stata forzata e il pc rubato, senza che le telecamere di sorveglianza potessero fornire indizi utili.
«Hanno rotto il vetro posteriore, abbassato il sedile e preso lo zaino. È strano, perché avevo messo lo zaino solo quando ero in arcivescovado, quindi nessuno mi aveva visto tranne i preti», ha dichiarato Gallo ai pm il 4 febbraio. Assistito dagli avvocati Antonella Augimeri e Paolo Simonetti, l’ex poliziotto ha confermato che l’interrogatorio si è concentrato sui rapporti tra Equalize e il capo degli affari legali di Eni, Stefano Speroni.
L’indagine prosegue, mentre nuovi elementi potrebbero chiarire il ruolo di Eni e delle società di intelligence coinvolte in quella che appare sempre più come una rete di dossieraggi e manipolazioni nel mondo degli affari e della giustizia.