L’inchiesta “Riscatto-Mille e una notte” ha svelato il sistema criminale che gestiva funerali, lavori edili e servizi cimiteriali. Intimidazioni e violenze per estromettere la concorrenza: «Il cimitero è casa mia».
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«Il cimitero è casa mia e non casa tua. Non ti devi permettere di fare tombe a clienti miei». È una delle frasi più emblematiche contenute nelle motivazioni della sentenza d’appello del processo nato dall’operazione “Riscatto-Mille e una notte”, che nel 2019 ha acceso i riflettori sugli affari illeciti della cosca Cordì di Locri, svelando un vero e proprio monopolio criminale sui servizi funebri della città.
L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha ricostruito una rete di estorsioni e intimidazioni messa in piedi per controllare ogni attività legata al cimitero comunale: dall’organizzazione dei funerali alla vendita dei fiori, dai lavori edili sui loculi al trasporto dei defunti. Nulla sfuggiva all’influenza del clan, che si spartiva anche gli appalti pubblici e privati, tra cui i lavori di ristrutturazione di edifici scolastici, il teatro di Moschetta e Palazzo Nieddu Del Rio.
A confermare il clima di terrore, le 150 pagine di motivazioni della Corte d’appello, in cui vengono documentate numerose minacce ai danni di imprenditori che osavano inserirsi nel settore. Tra i casi più gravi, quello avvenuto nel febbraio 2018, quando Albatoaei Vasile Iulian, ritenuto uomo di fiducia di Gianfranco Alì (già condannato in abbreviato), appiccò il fuoco al camioncino di un’impresa concorrente usando una tanica di benzina. Il gesto incendiario – spiegano i giudici – era un messaggio chiaro per chi cercava di lavorare nel settore senza il consenso del clan.
Emblematica anche la testimonianza di un imprenditore a cui erano stati affidati piccoli lavori all’interno del camposanto. L’uomo racconta di aver ricevuto minacce dirette e un divieto assoluto di operare nel cimitero:
«Diglielo a questi altri quattro mastri di merda, qui dentro comando io».
Una rete di controllo radicata nel tempo, che aveva trasformato un luogo sacro in un terreno di potere mafioso, e che oggi — grazie alle indagini e alle condanne — vede finalmente incrinarsi la sua egemonia.