Il grido di Armando Quatrone: “Sono stato minacciato, diffamato e trascinato in tribunale per aver restituito vita a un luogo abbandonato. Ora basta: la Calabria che sogna non deve più avere paura.”
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Per la prima volta, pubblicamente e senza veli, il musicista calabrese Armando Quatrone, originario di Marina di Gioiosa Ionica, rompe il silenzio e racconta la sua verità. Lo fa con un video diffuso sui suoi canali social, dove denuncia una storia – la sua – fatta di intimidazioni, minacce, violenze e accuse giudiziarie che durano da cinque lunghi anni.
“Ho comprato l’ex Charlie Brown con un atto notarile regolare, registrato, pubblico. Non un favore sotto banco, non un pezzo di carta trovato per strada.”
Secondo Quatrone, l’immobile – uno storico locale sul lungomare, abbandonato da 27 anni – è stato acquistato regolarmente nel 2020, ristrutturato con investimenti oltre 150.000 euro e destinato a tornare a vivere per la comunità. Un gesto, il suo, che però avrebbe scatenato l’interesse di altri, pronti a tutto pur di riprendersi il bene.
“Mi chiedono 1 milione e 200 mila euro per non farmi causa. Ma io non ci sto. Il mio progetto è chiaro, legale, e documentato.”
Nel mirino delle sue accuse ci sono Giuseppe Palermo e Rita Macrì, che secondo Quatrone avrebbero ordito un piano per sottrargli l’immobile, spinti da offerte economiche e interessi personali. Palermo – il nipote della Macrì – nega ogni accusa, anzi, lo accusa a sua volta di aver approfittato dell’anziana zia, facendole firmare una procura generale e persino un testamento in suo favore.
La Procura di Locri ha rinviato a giudizio Armando Quatrone per truffa aggravata, ipotizzando che la cifra di 49.500 euro pagata per l’ex Charlie Brown sia stata fortemente sottostimata rispetto al valore reale, che supererebbe il milione e mezzo di euro.
Palermo accusa:
“Quatrone ha fatto firmare tutto a mia zia dentro un’auto. E ha raccontato solo quello che gli conveniva. Non è l’‘ndrangheta ad avergli impedito di fare impresa, ma i giudici che hanno ritenuto fondati gli indizi di truffa.”
Quatrone non ci sta. Rilancia. E punta il dito:
“Chi mi accusa è lo stesso che – a suo dire – ha pagato per presentare tre denunce contro di me. La prima è già stata archiviata. Le altre seguiranno. Intanto io vivo sotto pressione, tra minacce e atti vandalici. Ho denunciato tutto. Basta silenzio.”
Il caso ora è nelle mani della magistratura. Ma la storia è ormai diventata pubblica, mediatica, civile. Perché parla di un giovane che vuole restituire valore alla sua terra, e di una comunità che si interroga su legalità, giustizia e libertà di iniziativa.
“Non è vero che in Calabria non si può cambiare. Ma bisogna scegliere: restare zitti o farsi sentire. Io ho scelto la seconda.”