“Riace criminalizzata da un disegno politico, ma continuo a sognare un’Europa senza barriere”
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Per chi, come Mimmo Lucano, ha fatto dell’accoglienza una missione di vita, l’aria resta pesante, anche ora che la Cassazione ha messo fine al suo processo, sancendo definitivamente che il “modello Riace” non è mai stato un’organizzazione criminale. Il progetto, nato dal basso e diventato simbolo internazionale di solidarietà, è stato osteggiato per anni, ma oggi Lucano guarda avanti, con la consapevolezza di chi non smette di lottare.
“Non ho paura, ma provo disagio per l’indennità elevata che percepisco dall’Unione Europea”, confessa l’ex sindaco, ora parlamentare. Parte di quei fondi li ha già destinati alla rinascita dell’accoglienza a Riace, per reintegrare il Comune nel sistema SPRAR da cui era stato estromesso nel 2018.
Il caso Riace, secondo Lucano, non può essere separato dal più ampio contesto politico: “È nato nello stesso periodo del Memorandum Italia-Libia del 2017, che ha trasformato i lager libici in strumenti di controllo dell’immigrazione. Si è creato un clima di odio, non di sicurezza”.
Oggi Riace continua a resistere. “Abbiamo richiesto il rientro nello SPRAR e portiamo avanti il nostro sogno. Il villaggio globale esiste ancora, con 50 migranti e 20 bambini. Qui in Calabria l’accoglienza è parte della nostra cultura. Per questo voglio portare in Europa un messaggio chiaro: l’Europa non può essere un continente di muri e campi di detenzione, perché così rinnegherebbe sé stessa”.