di Franco Blefari
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A mente serena vorrei rtibadire quanto ho scritto in qualche post sul modo di scrivere, nelle parole, il gruppo “gghj”, che troviamo in “famigghja”, “megghju” ed in altri termini di identico gruppo consimilare. Anticamente, dal 400 al 600, questo gruppo consonantico veniva tradotto così, in parole come famiglia: “familia” specie nel cosentino, dove era forte l’influenza latina e dove era nata la poesia dialettale con Domenico Piro, o Duonnu Pantu, nel 1600. Solo nell’800, conl l’abate-poeta Antonio Martino ( Galatro 1818-1884 ) si passa a tradurre il termine famiglia con “famigghia”, con la “i”, al quale ne seguirono altri fino al secolo scorso, quando. Mastro Bruno Pelaggi, famoso scalpellista, nello stesso secolo scriveva anche , per ” coglioneggiare”, il termine “cugghinìji”. Sara’ Coniglio di Pazzano e Filocamo di Siderno, ne secolo scorso, ( forse perché ispirati da mano esperta, che conosceva bene il dialetto), e poi quasi tutti i poeti contemporanei, a tradurre famiglia (e gruppi consonantici identici) in “famigghja”. Proprio come scrivo io, che – a detta di qualcuno – “il dialetto non so nemmeno dove stia di casa”