Lun. Ott 7th, 2024

La notizia è emersa in aula bunker nel corso del processo “Garden” dove la Procura ha depositato i primi verbali di interrogatorio del nuovo collaboratore che parla di un progetto di attentato ai danni di Cosimo Borghetto

Continua....


festivalCosmos
futura
autolinee-federico-agos-24
JonicaClima
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

Un nuovo pentito di ‘ndrangheta sta scuotendo le dinamiche criminali di Reggio Calabria. È Davide Bilardi, 49 anni, considerato vicino alla potente cosca Tegano e arrestato nell’ottobre 2023 durante l’operazione antimafia denominata “Atto Quarto”.

L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria, ha portato alla luce importanti collegamenti tra diverse famiglie mafiose e il ruolo di Bilardi all’interno dell’organizzazione.

La sua collaborazione è stata resa pubblica durante il processo “Garden” nell’aula bunker di Reggio Calabria, – come riporta l’Ansa – dove la Procura ha depositato i primi verbali di interrogatorio del nuovo collaboratore. Questi documenti contengono dettagli su un complotto per attentare alla vita di Cosimo Borghetto, un boss di rilievo nella criminalità organizzata reggina.

Da fedelissimo di Schimizzi a collaboratore di giustizia

In passato, Bilardi era uno degli uomini più fidati di Paolo Schimizzi, nipote di Giovanni Tegano, uno dei capi storici della ‘ndrangheta reggina, scomparso misteriosamente circa quindici anni fa in un episodio riconducibile a una lupara bianca. Secondo le indagini, Bilardi ricopriva ruoli strategici: faceva da tramite per la trasmissione di messaggi tra le varie articolazioni della ‘ndrangheta e curava la gestione dei proventi estorsivi, oltre a occuparsi di interessi imprenditoriali per conto dell’organizzazione.

Un aspetto chiave delle sue attività era il ruolo di collegamento tra le famiglie mafiose di Archi e la cosca Libri, una delle più potenti nella città di Reggio Calabria. Questa funzione di mediatore gli permetteva di gestire delicate questioni interne e favorire la cooperazione tra gruppi criminali che spesso entrano in contrasto tra loro per la gestione del potere e dei proventi illeciti.

Il progetto di attentato contro Borghetto

Nel corso dei suoi interrogatori con i magistrati della Dda, Bilardi ha rivelato particolari scottanti riguardo alle tensioni interne alla cosca Libri e, in particolare, al rapporto con i suoi reggenti, Totò Libri ed Edoardo Mangiola. Entrambi, come risulta dagli atti processuali, nutrivano un forte risentimento nei confronti di Cosimo Borghetto.

Borghetto, una volta uscito di prigione, aveva pubblicamente dichiarato di non riconoscere più l’autorità di Filippo Chirico come vertice della cosca Libri, rivendicando per sé il ruolo di capo dell’intera organizzazione, non solo della sotto-struttura Borghetto-Zindato. Questo atteggiamento provocò l’ira di Mangiola, fortemente legato a Chirico, e insieme a Totò Libri decisero di eliminare Borghetto.

Il boss Cosimo Borghetto “una volta scarcerato, dichiarò di non riconoscere – si legge nei verbali – il ruolo di vertice di Filippo Chirico e rivendicava lui il ruolo di capo dell’intera cosca Libri e non più della sola cosca Borghetto-Zindato. Edoardo Mangiola, che era molto legato a Filippo Chirico, se la prese tanto che insieme a Totò Libri avevano progettato di ammazzare Cosimo Borghetto. In due occasioni tentarono di ucciderlo di cui una in zona Saracinello e l’altra nei pressi di una macelleria in prossimità della sede del Consiglio regionale”.

Bilardi ha raccontato che furono pianificati almeno due attentati contro Borghetto, entrambi falliti. Il primo tentativo avvenne nella zona di Saracinello, mentre il secondo fu organizzato nei pressi di una macelleria vicino alla sede del Consiglio regionale della Calabria, segno della spregiudicatezza con cui la ‘ndrangheta opera anche in aree centrali e istituzionalmente sensibili della città.

La decisione di Davide Bilardi di collaborare con la giustizia potrebbe aprire nuovi scenari investigativi e giuridici, in quanto la sua conoscenza delle dinamiche interne della cosca Tegano e delle altre famiglie mafiose di Reggio Calabria può rivelarsi cruciale per disarticolare ulteriormente il potere della ‘ndrangheta. 

Le dichiarazioni di Bilardi, già depositate nel processo “Atto Quarto”, indicano che la guerra intestina per il controllo della cosca Libri era molto più profonda e intricata di quanto si pensasse. Le sue rivelazioni potranno far luce su altre trame oscure e su ulteriori protagonisti delle guerre di mafia che, pur muovendosi nell’ombra, sono responsabili di anni di violenza e terrore a Reggio Calabria.

La collaborazione di un uomo così vicino ai vertici della ‘ndrangheta come Bilardi segna un colpo importante per la lotta contro le mafie, aprendo nuovi spazi per indebolire le strutture di potere della criminalità organizzata e riaffermare il controllo dello Stato sul territorio. 

I pentiti di ‘ndrangheta

Non è facile per chi entra nella ‘ndrangheta, pentirsi e poi “tradire”. I pentiti di ‘ndrangheta sono, infatti, un fenomeno relativamente raro rispetto ad altre organizzazioni mafiose, come Cosa Nostra. Questo può essere attribuito a una serie di fattori profondamente radicati nella cultura, nella struttura e nelle dinamiche interne della ‘ndrangheta stessa. La ‘ndrangheta è unica tra le organizzazioni mafiose italiane per la sua struttura fortemente basata sui legami familiari.

Le cosche sono spesso organizzate come vere e proprie dinastie, dove i membri sono legati da vincoli di sangue. Questo rende più difficile per un affiliato decidere di collaborare con la giustizia, perché tradire la ‘ndrangheta significa spesso tradire la propria famiglia. Le conseguenze, inoltre, non ricadono solo sul pentito, ma su tutta la sua cerchia familiare, che può essere soggetta a vendette.