Ultim'Ora
14 Mag 2025, Mer

Quattrone accusa: «Da 5 anni ricevo minacce perché ho comprato un immobile conteso dalla ’ndrangheta», arriva la risposta di Palermo «Non è stata la ’ndrangheta ad impedirgli di fare impresa ma i giudici, che hanno ritenuto fondati gli indizi di truffa»

Un messaggio forte, diretto, senza filtri. Per la prima volta pubblicamente, il musicista Armando Quattrone, originario di Marina di Gioiosa Jonica, ha deciso di raccontare la sua vicenda, denunciando apertamente una storia, a suo dire, di intimidazioni, minacce e soprusi subiti negli ultimi cinque anni. Lo ha fatto con un video diffuso sui suoi canali social, nel quale lancia un grido di denuncia e, al tempo stesso, un appello al riscatto civile della sua terra.

Continua....


autolinee-federico-agos-24
JonicaClima
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

Tutto ruota intorno all’ex Charlie Brown, un locale storico sul lungomare del paese, chiuso da 27 anni. Quattrone lo ha acquistato cinque anni fa a 49.500 euro, e avrebbe deciso di ristrutturarlo e restituirlo alla comunità, come simbolo di rinascita e resistenza alla criminalità organizzata. Un gesto che, però, ha scatenato ostilità e una lunga controversia giudiziaria.

Secondo quanto raccontato da Quattrone, avrebbe subito «minacce anche di morte, violenze sulle cose e sulle persone, diffamazioni, pressioni indebite sui pubblici uffici ed infine anche denunce. Tutto perché di questo immobile dovevano appropriarsi loro o nessun altro, “con le buone o con le male”, che altrimenti “mi avrebbero fatto finire con i piedi avanti”, “sparato”, “fatto saltare in aria”, “che non avrei aperto né mo né mai” e che non avrei avuto pace finché non avrei ceduto al diktat estorsivo mafioso».

L’immobile, secondo quanto sostiene Quattrone, veniva considerato dagli ambienti mafiosi del valore di 1.200.000 euro, cifra che l’artista definisce del tutto irreale: «Il valore di mercato accertato al momento dell’acquisto dall’Agenzia delle Entrate è di 144.000 euro. A oggi ho speso altri 150.000 euro per la ristrutturazione, che non è ancora conclusa. Ho proseguito nonostante le minacce, anche quando le ditte edili hanno dovuto abbandonare per paura».

Tuttavia, la versione dei fatti offerta dal musicista non coincide con quella della signora Rita Macrì, 77 anni, e di suo nipote Giuseppe Palermo, che lo accusano apertamente di aver approfittato della condizione dell’anziana. La vicenda ha portato a un rinvio a giudizio per Quattrone, imputato per truffa aggravata dalla Procura di Locri. Secondo l’accusa, l’artista avrebbe convinto la donna a firmare una procura generale e a donare la propria abitazione, oltre che a cedere il locale per un valore considerato irrisorio.

Il caso Charlie Brown: due versioni a confronto

Giuseppe Palermo, nipote di Rita Macrì e parte civile nella vicenda giudiziaria, ha replicato alle dichiarazioni di Quattrone con un intervento pubblico, denunciando quello che considera un racconto “mistificatorio” dei fatti. Secondo Palermo, la cessione dell’ex Charlie Brown sarebbe avvenuta con un atto notarile redatto all’interno dell’auto dello stesso Quattrone, per una cifra che ritiene irrisoria rispetto al valore reale dell’immobile: 49.500 euro per oltre 360 mq coperti e altri 380 mq di spazi esterni, su due livelli con vista mare.

“Altro che 144.000 euro come da presunta stima dell’Agenzia delle Entrate”, afferma mostrando fotografie dell’immobile. “Nella stessa Marina di Gioiosa un appartamento di 60 mq si vende a oltre 200.000 euro”.

Sempre secondo Palermo, sua zia non solo non avrebbe mai concordato il prezzo, ma non avrebbe neanche mai incassato la somma. “La ricevuta esibita da Quattrone – continua Palermo – è un falso. L’accordo verbale era per 1.200.000 euro”. Inoltre, l’artista avrebbe ottenuto anche la procura generale su tutti i beni della donna e, successivamente, la proprietà della casa di abitazione situata nel centro cittadino, stimata in oltre due milioni di euro, sempre con la promessa di prendersene cura. A completare il quadro, vi sarebbe stata anche una nomina ad erede universale poi revocata.

Il Tribunale di Locri ha disposto il rinvio a giudizio per truffa aggravata e applicato il sequestro conservativo su entrambi gli immobili, rigettando per tre volte le richieste di Quattrone di avviare l’attività commerciale nel locale conteso.

“Non è stata la ’ndrangheta a impedirgli di fare impresa – sottolinea Palermo – ma i giudici, che hanno ritenuto fondati gli indizi di truffa. Nessuno può costruire un’attività economica sulla pelle di una persona anziana, sola, e in condizioni di minorata difesa”.

Palermo respinge con fermezza le accuse mosse da Quattrone, che lo avrebbe anche denunciato: “Non ho mai minacciato nessuno. Lavoro 16 ore al giorno nel panificio di famiglia. Sono incensurato, onesto, e mi sto solo occupando di mia zia. Le sue denunce sono solo un tentativo di farmi stare zitto”.

Il caso dell’ex Charlie Brown resta al centro di un procedimento penale e civile che dovrà fare piena luce sui fatti. Da una parte, la denuncia pubblica di Armando Quattrone, che rivendica un’azione di riscatto culturale e sociale contro le ingerenze della ’ndrangheta; dall’altra, le pesanti accuse di truffa aggravata da parte dei familiari dell’anziana venditrice, supportate da un rinvio a giudizio e da provvedimenti cautelari. In mezzo, una comunità che assiste a una battaglia di verità in cui legalità, giustizia e dignità si intrecciano in modo profondo e non privo di contraddizioni.

Resta ora alla magistratura l’onere di chiarire, con la forza dei fatti e delle prove, chi abbia ragione e chi torto in una vicenda che, comunque vada, ha già lasciato un segno nel dibattito pubblico.