Alle 8 in punto la Sacra Effige è uscita sul sagrato dell’Eremo in mezzo ad una miriade di smartphone e tablet luminosi alzati come ceri votivi in una fusione di antico e moderno sempre più omogeneizzante. Da lì è partita la processione religiosa e civile che ha attraversato la città, dalla periferia fino al centro, rappresentando in quel contesto spaziotemporale tutte le contraddizioni reggine e le sue polarizzazioni: i gesti di fede e di devozione profondi e toccanti raffigurati nei piedi scalzi, negli occhi lucidi, nelle mani giunte coi rosari, nei bambini piccoli innalzati fino al Quadro e negli oggetti portati nei pressi della Vara di cui solo i proprietari conoscono il significato recondito. Un rituale sempre uguale che si ripete da secoli. Accanto a questi le passeggiate civili e social di chi si preoccupa più dei like virtuali con il Quadro derubricato a elemento di sfondo per le foto e i selfie da condividere su facebook.
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Il passaggio del Quadro è un momento che cristallizza, anno dopo anno, l’evolversi della città in un senso o nell’altro con le sue emergenze e le sue novità. Scendendo verso via Cardinale Portanova ha attraversato lo spazio che vedrà sorgere il Parco pubblico di San Giovannello e il grande impianto sportivo. Per un momento i “sacri smartphone” si concentrano sulle gigantesche capriate in legno che faranno da volta alla piscina. Per la processione del prossimo anno sarà finita? E poi si prosegue verso valle abbassando la Vara per farla passare sotto il viadotto dell’autostrada dove è rimbombata la voce dei portatori e dei fedeli che ripetevano parossisticamente l’invocazione “Ora e sempre Evviva Maria” dopo l’incitazione che saliva spontanea da qualcuno nei pressi della Vara. Anche i cattolici, a volte, hanno i loro muezzin.
Tante le tappe in cui il pesantissimo Quadro si è fermato per consentire alla “falange amaranto” compressa e sudata sotto le sue lunghe travi di trovare ristoro ed effettuare i cambi necessari. Ricoveri riuniti, Policlinico e Palazzo Campanella. Queste le fermate salienti prima della consegna alla città.
Vicino alla sede della Regione è emersa tutta l’approssimazione e la noncuranza con cui si vive a Reggio. La strada che costeggia via Cardinale Portanova era intasata di vetture nonostante la presenza, evidentemente inutile, di un mezzo dei vigili urbani. Peccato che si trattasse dell’unica arteria che conduce agli Ospedali Riuniti. E così un’ambulanza che arrivava a sirene spiegate ha trovato grande difficoltà a farsi largo tra le macchine parcheggiate letteralmente nel mezzo della carreggiata. Una di queste è stata spostata a braccia da alcuni volontari di protezione civile perché non partiva. A quel punto i vigili si sono destati e hanno cominciato a sbracciare quasi volessero fare smaterializzare le vetture a colpi di fischietto. Se non è un miracolo questo…
Nel frattempo l’onda di pellegrini passava e scendeva verso la piazzetta dell’incontro alla confluenza fra via Cardinale Portanova e viale Amendola. A pochi passi dall’ammonizione di Ciccio Errigo scritta su di un muro “cu teremotu, cu guerra e cu paci, sta festa si fici, sta festa si faci” aspettava la città istituzionale con in testa l’arcivescovo, il sindaco, il presidente della Provincia e poi ancora le autorità militari col colonnello dei carabinieri Lorenzo Falferi, probabilmente alla sua ultima uscita pubblica in città prima del trasferimento ad altro incarico. Il vescovo ha ricordato i fatti di Melito Porto Salvo senza fare sconti al branco di aguzzini che per due anni hanno abusato sessualmente di una bambina devastandola nella distrazione complice della collettività.
Da quella piazzetta e dalla consegna simbolica alla città ad opera dei frati cappuccini, è partita la seconda parte della processione lungo il Corso fino al Duomo passando sul tappeto rosso che la direzione del Museo Archeologico Nazionale ha voluto stendere di fronte all’ingresso in segno di omaggio. Una piccola novità che ha ingentilito la processione. Da un tappeto rosso steso a terra agli arazzi amaranto che sono tornati a sventolare decorosamente su palazzo San Giorgio. Dopo quelli sgualciti e consunti che due anni fa avevano suscitato indignazione, oggi rilucevano i panneggi nuovi frutto dell’impegno di alcune associazioni femminili di volontariato che ne hanno fatto dono all’amministrazione nella persona dell’assessore Angela Marcianò.
Il fiume scorreva lento verso piazza Duomo. Intorno a mezzogiorno la processione arrivava nei pressi della curva e la piazza si apriva all’accoglienza dei pellegrini nella sua nuove veste candida e “quasi” completa. Il passaggio di migliaia di piedi è stato il vero collaudo del nuovo sagrato battezzato dalla folla prima che dai preti. E infine il Quadro è entrato in cattedrale nuovamente e trionfalmente accolto dal clero reggino e dai fedeli che si accalcavano nelle navate. L’arcivescovo ha voluto sottolineare la presenza in chiesa dal prefetto Michele Di Bari, insediatosi da pochi giorni, che in questa occasione ha avuto modo di farsi un’idea approfondita della missione che lo attende. Anche per lui è stato invocato l’aiuto della Madonna della Consolazione.
Tra i fedeli in processione c’è anche una presenza speciale. Il decano dei portatori Giovanbattista Gangeri, classe 1923, che aiutato, porta lo stendardo classico dell’Altissima.
Il Quadro della Madonna è anche protettore della cittadinanza. Alla Madre del Signore i reggini sono fedeli e si affidano anche per la protezione dalle calamità, dopo il terribile sisma del 1908 che distrusse l’intera città, così una signora mentre guarda il suo palazzo commenta: “A Maronna mi ‘ndi varda ri terremoti”.
(fonte Strill.it)