Al via la seconda serata del FACE. Due i protagonisti a cui ci avviciniamo: Marcello Arosio, direttore artistico di Kernel e Ernesto Orrico, attore di teatro impegnato in “La mia idea. Memoria di Joe Zangara”, spettacolo da lui scritto e recitato con musiche eseguite dal vivo da Massimo Garritano.
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Iniziamo da Arosio, dopo la laurea vive per lungo tempo all’estero, tra Barcellona e New York, e nella Grande Mela contamina la sua formazione di architetto con le arti visive; ritornato in Italia, ormai più di dieci anni fa, si attiva per mettere a frutto le infinite suggestioni che questo fortunato connubio può dare.
Nel 2010 nasce Kernel, piattaforma internazionale che “riunisce più vocazioni: la sperimentazione che ci permette di mettere insieme diverse espressioni artistiche legate alla tecnologia, al digitale e all’architettura effimera; la valorizzazione perché lavoriamo in particolar modo su edifici storici magari in stato di abbandono o di generale incuria che attraverso la nostra azione di mapping e poi di restituzione con led delle tracce sonore cambiano completamente la percezione che si ha di loro. Pensa che a Villa Tittoni Traversi a Desio, dove nasce e si realizza il Festival di Kernel, siamo stati i primi a pensare che quello spazio, chiuso da tempo, si potesse riqualificare tramite l’arte e così è stato. Finita la prima edizione del Festival la villa infatti è stata riaperta dal comune e ora ospita eventi di varia natura. Poi c’è la partecipazione: noi ci relazioniamo sia con il pubblico fruitore che può interagire durante le nostre performance ma anche con i tanti artisti che fanno parte della nostra piattaforma e che ci mandano da più di 60 Paesi nel mondo i loro progetti. Noi mettiamo loro a disposizione le nostre competenze e i nostri strumenti per realizzare progetti di video mapping”.
E mentre la prospettiva del fortino cambia al ritmo della luce, arrivano le 22 e in scena va Ernesto Orrico. “Il manoscritto sulla vita di Joe Zangara, anzi dattiloscritto – precisa Orrico, qualche minuto prima di iniziare – è stato trovato tempo fa da un giornalista americano che poi ne ha fatto un libro, e l’edizione italiana è stata curata da Katia Massara, professoressa dell’UNICAL.
Per caso mi sono ritrovato questa storia tra le mani e ho deciso di farne uno spettacolo, adattando il linguaggio e contestualizzando la vicenda”. Joe Zangara è un uomo calabrese del ferruzzano che dopo anni di patimento nel 1923 arriva negli Stati Uniti. Non ha scuole, ma impara a leggere e scrivere, è uno scalpellino e da scalpellino trova lavoro nella terra dei suoi sogni. Ma per quanto la sua esistenza sembri procedere normalmente anche se tra stenti e disagi, ad un certo punto decide di ammazzare il Presidente degli Stati Uniti d’America. Zangara attua il suo piano ma fallisce, nell’attentato però ferisce una serie di persone, tra cui il sindaco di Chicago che dopo qualche giorno muore. Per questo il giovane immigrato italiano viene condannato a morte, finendo così la sua vita sulla sedia elettrica, tra un mal di pancia contratto fin dalla tenera età per il lavoro troppo duro e imprecazioni diventate sollievi nel metter un punto su di una vita fin troppo difficile. Ma perché Joe Zangara vuole uccidere il Presidente Roosevelt? È un anarchico? Non proprio. È un folle? Non proprio. Il protagonista è solo un uomo che pensa che facendo fuori i capitalisti potrebbe aiutare i suoi simili, la povera gente. Del resto, Joe ci confessa:“Ho sempre sofferto per due cose: lo stomaco e i capitalisti”.
“Mi occupo di emigrazione da diverso tempo – continua Orrico – undici anni fa ho messo in scena Jennu Briannu e tre anni dopo Emigrazione puttana. Il tema è estremamente attuale non solo per quello che accade ogni giorno ma anche per la nostra regione in particolare che è stata e continua ad essere tradizionalmente una terra di emigrazione”. In linea anche con l’hashtag #tradizionevoluzione, Orrico coniuga nello spettacolo, come suo solito, parole e musica: “il live di Garritano – che utilizza due strumenti acustici: il bouzouki e il dobro- dialoga con il mal di stomaco e il macinare continuo del pensiero di Zangara,racconta con i suoni questo scorcio di vita del secolo scorso”. L’attore cosentino ritorna dopo due anni al Face, “perché mi sono divertito, il luogo è bellissimo ed ho travato una situazione stuzzicante, mi piace il fatto che ci si guardi intorno per capire cosa succede e ancor di più mi piace l’idea di ibridarlo con quello che siamo noi. Tradizione ed evoluzione: è l’unica cosa saggia che si possa fare”.
Augusto Favaloro ha infine presentato il suo primo album da solista “Normale?” esibendosi al FACEFestival insieme alla sua band. Augusto ha sorpreso il pubblico con canzoni ironiche, profonde e poetiche, riportando e reinventando un cantautorato che sembrava ormai perso.
L’album, che contiene 7 tracce, ha come tema centrale l’amore, ma in un’accezione diversa dal solito, si tratta di un amore combattuto, tragico e ironico allo stesso tempo. Durante l’esibizione, durata più di un’ora e mezza, Augusto Favaloro è passato dal declamare poesie a cantare canzoni come Serial Killer in cui si racconta la storia d’amore tra un romantico assassino e la sua vittima. Incubo Nero e Dietro quei Cancelli sono invece i titoli dei due singoli del disco, due inni, il primo nei confronti di sé stessi, il secondo a favore della libertà contro la schiavitù da ufficio. Ad accompagnare Augusto in questa serata speciale una band di tutto rispetto: Giuseppe Barcella e Fabio Moragas alle chitarre, Salvatore Marra al basso, Domenico Pizzimenti alla batteria e Pasquale Campolo al pianoforte. Augusto ha anche ripreso brani importanti del passato, di quando era leader della band Sfere Cristalline Concentriche, come ad esempio la canzone Vola Silvio Vola, molto conosciuta sul web durante gli anni del governo berlusconianao. Rivedremo Augusto il 19 Agosto al Malavenda Cafè con un nuovo spettacolo che tutto sarà fuorchè Normale.