C’è un grande equivoco che continua a pesare sul territorio della ex Provincia di Reggio Calabria, e porta un nome altisonante: Città Metropolitana. Ma di metropolitano, ormai, questo ente ha solo il nome, i fondi e qualche timbro. Il resto è una lunga e desolante cronaca di abbandoni, assenze, disinteresse.
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Vogliamo porre una domanda chiara, che da anni resta sospesa: quando parliamo di “Città Metropolitana”, intendiamo Reggio Calabria o l’intero territorio che un tempo era rappresentato dalla Provincia? Perché, a giudicare dai fatti, sembra che tutto si riduca al perimetro urbano del capoluogo. Il resto – la Locride, la Piana, l’Aspromonte, i borghi interni – semplicemente non esiste. O, meglio, esiste solo per fare da scenario a qualche conferenza stampa, per strappare una fotografia utile da rilanciare a Reggio, dove evidentemente si decide, si annuncia, si realizza. E soprattutto si coltiva il bacino elettorale.
Ha ragione chi parla di “reggiocentrismo”: ogni scelta, ogni risorsa, ogni visibilità viene piegata alla logica dell’accentramento. La tecnica è semplice quanto spietata: accontentare qualche delegato metropolitano – non tutti, va detto – giusto quel tanto che basta per non sollevare polveroni, ma senza mai mettere realmente in discussione l’egemonia del capoluogo.
La situazione delle infrastrutture è da codice rosso. Le arterie principali sono piene di frane, smottamenti, buche e interruzioni. I cantieri si aprono e si richiudono come sportelli di un bancomat guasto. Nessuno controlla, nessuno supervisiona. Alcune strade sembrano diventate trappole mortali: niente guardrail, niente segnaletica, nessuna sicurezza. E i territori restano isolati, mentre chi dovrebbe governarli si limita a qualche post social e a passerelle autoreferenziali.
Ma la ciliegina sulla torta, se così possiamo chiamarla, è arrivata con le Giornate Alvariane. Corrado Alvaro è nato a San Luca, ha scritto e vissuto la Calabria più vera, quella difficile, quella orgogliosa. Ebbene, l’omaggio a questo gigante della letteratura non avviene nel suo paese natale, ma parte da Reggio Calabria. La Città Metropolitana – che ormai funziona come un bancomat di fiducia per pochi privilegiati – finanzia eventi culturali che si tengono altrove, nelle solite sedi, con le solite associazioni, con i soliti beneficiari. San Luca, simbolo della Calabria profonda, può aspettare. O meglio: può rimanere fuori.
Questo è uno sfregio, non solo al paese, ma all’intero concetto di rappresentanza territoriale. Un insulto a chi crede ancora in una Calabria policentrica, solidale, unita. Un affronto a chi non si rassegna all’idea che tutto debba accadere solo ed esclusivamente a Reggio.
Persino il 67° Giro ciclistico della Città Metropolitana è partito da Bova, come se il resto della provincia non esistesse. La tappa nella Locride si ferma a Locri, assente nei centri storici, nell’alta locride, nell’entroterra dobe si sarebbe potuto trarre giovamento da un evento del genere. Perché? A chi giova questa scelta selettiva? E soprattutto, chiedetevi con quale coraggio i cittadini della provincia di Reggio Calabria dovrebbero ancora dare fiducia a questa amministrazione. Dateci una sola ragione.
Il rischio – o forse già la certezza – è che l’insuccesso di una futura coalizione di governo passi anche da questo scollamento, da questa disillusione, da questo senso di esclusione sistematica. Perché quando si dimentica la gente, la gente non dimentica.
Un altro interrogativo che emerge in tutta questa vicenda è come vengono assegnati i progetti? E soprattutto, perché sono sempre le stesse associazioni e gli stessi soggetti a gestirli? Non è un caso isolato, eppure vale la pena soffermarsi su uno degli esempi più lampanti: il progetto “I Walk the Line”, finanziato dal Ministero degli Interni tramite il Pon Legalità, un’iniziativa destinata ai giovanissimi tra i 14 e i 25 anni. Un progetto che avrebbe dovuto coinvolgere una vasta gamma di attori e territori, ma che in realtà è stato affidato ai soliti soggetti. E se si dà un’occhiata alla rendicontazione, non c’è bisogno di essere esperti per accorgersi che i fondi sono stati gestiti da chi ha già accumulato esperienza (e profitto) in occasioni simili. Non si tratta di giudicare la qualità del progetto, ma di domandarsi perché, nonostante le risorse ingenti, siano sempre gli stessi a beneficiare e gestire, mentre il territorio resta per lo più escluso da ogni beneficio.
E infine, il paradosso dei paradossi: i cosiddetti “delegati metropolitani”, che non sono assessori ma semplici figuranti. Perché tutte, e sottolineiamo tutte, le deleghe restano nelle mani del Sindaco Metropolitano Giuseppe Falcomatà. Peccato che Falcomatà, nel resto del territorio metropolitano, non si sia piu visto. Chi l’ha visto? sarebbe la trasmissione più adatta per raccontare la sua presenza istituzionale nella Locride, nella Piana, nelle aree interne.
E allora, è bene chiarire che il sindaco Falcomatà sia sindaco di Reggio Calabria e non piu metropolitano, lo diciamo con amarezza ma senza ipocrisia: questo non è più un ente, è un guscio vuoto che beneficia di ingenti somme da gestire. Un involucro che ha perso rappresentanza, centralità e credibilità. Un contratto d’abbandono sottoscritto col silenzio, con l’assenza, con l’arroganza di chi ha dimenticato che governare non significa solo amministrare una città, ma rappresentare una comunità provinciale intera.
Ma i cittadini sono svegli. E presto o tardi, faranno sentire la loro voce.