Vincenzo Speziali, da Beirut non va via. Lo ha detto, dichiarato, ribadito e ripetuto, a spron battuto e senza contraddirsi nel modo più assoluto. Sta scrivendo per gli organi di informazione una cruenta, precisa, intensa, coraggiosa e bellissima cronaca, circa i fatti che vive nel Libano, aggredito da Israele. In più essendo diventato anche giornalista, l’azienda nazionale lo ha preso in carico e ha ben illustrato pure nell’edizione di ieri, via radio, una sorta di quadro della vita in corso laggiù.
Non smette, però di essere un politico e comunque una persona intellettualmente onesta. Gli abbiamo posto alcune domande anche noi e di seguito le riportiamo.
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D:Come va e soprattutto ha paura, nonostante si conosca il suo coraggio?
R: Andare va tutto sommato bene, pero` sempre compatibilmente con la cogenza bellica che viviamo. La paura inceve non so cosa sia. Io sono differente da plurimi politicanti che trasversalmente sono annidati nei palazzi del poterucolo a Catanzaro. E badi bene a tutti i livelli. La gente, viceversa è diversa, me la sento vicina, mentre quelli del polticume falso, strumentale, propagandistico e peggio ancora, per niente si fa sentire e a me va bene così. Lì giudicherà il corpo elettorale e la storia, tanto sono già stigmatizzati e condannati.
D:Capisco e quindi lei continua a non aver paura e a non voler considerare la sua evacuazione e quella dei suoi familiari. Vero?
R: Si! Abbiamo preso io e mia moglie questa decisione, quindi così faremo, poiché restiamo qui, senza dover essere ramenghi in Italia. D’altronde a casa mia a Bovalino, vive mio padre, il quale avendo una età avanzata è giusto che conservi le sue abitudini ‘solitarie’ e non si alterino le patologie di cui soffre, ma sul puto preferisco tacere, perché io rispetto le persone. Tra l’altro, pure a Catanzaro, essendo in cinque, non ci andrebbe di stare divisi, ovvero un po`a casa di mia madre e qualcuno in albergo. Certo non stiamo parlando di una grande città con distanze immense, ma si preferisce, da parte nostra, stare assieme e assieme condividere ogni momento. Infatti, almeno per me, questo significa essere una famiglia e tale concezione mi è stata conculcata da mia nonna Maddalena e da mia mamma. Poi vi è qualche altro motivo.
D:Cioè?
R:Non mi sembrerebbe decoroso, abbandonare questo Paese, il quale mi ha garantito giusta difesa, rispetto dei miei diritti e della mia dignità, appurando la verità dei fatti, allorquando scriteriati inquirenti -a loro volta oggi sotto legittimo e legale procedimento penale in corso qui a Beirut, perché sono convenuti a giudizio e devomo rispondere di fatti gravissimi- dicevo di quando e quanto, in punta diritto è stato fatto a mio lecito favore. Non lo posso dimenticare, né intendo farlo. Anzi, ricordo sempre tutto e nei confronti di tutti, in bene come in male. Io non scappo, non sono un infame vigliacco, dedito “al servo encomio e codardo oltraggio”. Il ‘tommasobuscettismo’ non mi appartiene, grazie a Dio Onnipotente. E comunque sono orgogliosamente di Bovalino e a noi, generalmente, non appartiene il sentimento della paura. Quasi a dire ‘simu comu simu, simu genti i Bovalinu’.
D:Parla sempre di Bovalino, con un amore infinito e questo le fa onore. Ne ha parlato anche con i giornali di Beirut, in un’intervista che anche noi abbiamo ripreso e lei rilascio` all’Agenzia di Stampa Libanese, il 31 Dicembre del 2023. Lo ricorda?
R:Certo. Lo ricordo bene e tutti sanno quanto io mi porti ovunque Bovalino nel cuore, ribadendo la mia origine, con orgoglio e amore. Persino qui, dove sono adesso, cioè a Beirut. Poi le dico anche un’altra cosa, ovvero proprio l’altra sera un alto militare locale, il quale ha sempre operato in un determinato ambito, definamolo ‘cossighiano’ tanto per capirci, mi parlava di un Capocentro dei nostri Servizi in Libano, durante gli anni ’80, quando costui era un giovane ufficiale delle forze libanesi. Sa chi era il Capocentro? Uno di Bovalino, cioè il Generale Delfino. Confesso quanto mi abbia fatto piacere.
D:Quale è la situazione adesso?
R:Indefinitamente indefinibile, poiché può accadere di tutto, pur se io continuo a non credere, almeno all’invasione di terra. Poi potrò essere smentito dai fatti entro la giornata, eppure mi piace illudermi, a fronte di un disastro, il quale rappresenterebbe l’ennesimo martirio di una nazione. Di questa nazione.
D:Ma le gente cone vive questo momento? I cittadini cosa pensano? Quale è il sentimento ricorrente e le scelte circa la non auspicabile reazione?
R: Le differenze tra cristiani e musulmani, vi sono, ma molto meno radicali di quanto possano esserci realmente. Certo, qualche divaricazione persiste tra i ceti e le confessioni, però è una divisione verticale, intesa corporis alle etnie, non tanto trasversale tra di esse. E comunque, laddove si palesasse l’invasione, senza distinzione di classe e credo, tutti si unirebbero in difesa del suolo patrio. Soprattutto tra i giovani esiste ed è coltivato, il desiderio di superare le varie e differenti distinzioni della società attuale, principalmente originate dal passato.
D: Che idea si è fatto di questa guerra?
R: Al pari di tutte le guerre, è una sporca guerra. Questa poi, ancor di più, poiché a differenza di quella contemporanea tra Russia ed Ukraina, qui ci troviamo innanzi ad un genocidio etnico e religioso perpetrato da Israele. Intendiamoci, lo Stato Ebraico ha diritto di esistenza e di difesa, ma ciò non può permettergli di non rispettare le norme internazionali. Difatti se tutti hanno, giustamente, condannato la violazione della sovranità di Kiev da parte di Putin, non capisco per quale motivo non si faccia la stessa cosa a favore, per di più giusto e legale, del Libano, avverso Netanyahu.
Una strage come quella dei cercapersone, la quale ha mietuto lo stesso numero di vittime subito lo scorso anno da Israele il 7 Ottobre, nessuno l’ha classificata quale atto terroristico e crimine di guerra. Patti chiari, questa azione, si è scoperta essere stata organizzata da molto prima dello scorso anno, perciò è un atto terroristico premeditato, che gli Israeliani avrebbero potuto compiere indipendentemente dall’attuale cogenza bellica.
D:Cosa si dovrebbe fare per porre fine a tutto ciò?
R:Preliminarmente, finirla con fornire o agevolare l’armamento di Israele. Mi spiego, così evitiamo equivoci. Non sostengo che gli Israeliani non debbano ricevere aiuti militari, ma essi devono essere limitati all’azione di difesa, non di attacco. Questo principio lo si è stabilito per Zalensky e l’Ukraina, tra l’altro aggredita, quindi non vedo perché non debba passare o non debba valere pure nei confronti di Netanyahu e di Israele. In più da parte dello Stato Ebraico, abbiamo sempre una asimmetria, poiché è vero il numero di 1.700 morti dello scorso anno da loro subiti in luogo allo scempio di Hamas, però le forze Israeliane, a Gaza, hanno provocato più di 40.000 morti. Così come, con la scusa di far tornare in sicurezza 70.000 cittadini di Israele alle loro case nei pressi del confine con il Libano, non si può consentire uno sfollamento di 250.000 libanesi e trascinare poi un’intera nazione sovrana come il Paese dei Cedri in guerra, per di più invadendolo e continuando a bombardarea pie` sospinto. Orbene se i numeri reali i quali ho esposto hanno valore e ragione, comprenderà che ho ben dimostrato il triste quadro in corso.
D:Come passerà la giornata?
R:Leggendo, riflettendo, svolgendo il mio nuovo compito di giornalista, sempre in contatto con la redazione a Roma. In più analizzando i fatti politici, poiché sono e rimango un politico aduso alla politica. Poi, principalmente pregando. Lo sa? Ho un raccoglimento costante e notorio con Moro e lui non mi abbandona mai. D’altronde, ha vissuto da Santo ed è morto da Martire.