Gio. Mag 2nd, 2024

Esattamente 29 anni fa, il 20 marzo 1989 a Locri, veniva ucciso da alcuni killer davanti alla sua officina in via Marconi a Locri, Vincenzo Grasso, un delitto che sconvolse Locri e anche la Locride e anche tutta la Calabria. Ci sono una famiglia unita, un lavoro e progetti legati a questa terra, in cui restare nonostante tutto. Ci sono sentimenti e sogni ed anche dolore e nostalgia nella storia di Vincenzo detto Cecè Grasso, di sua moglie Angela e dei tre figli Stefania e i gemelli Fabio e Francesco. Una storia di condivisione scritta in Calabria, nella città jonica di Locri, dove Vincenzo aveva avviato la sua attività dopo l’esperienza da titolare di un’officina ad Ardore. Domani a Foggia torneranno ad essere letti gli oltre settecento nomi delle vittime innocenti tra cui quello di Piersanti Mattarella, il presidente democristiano della regione Siciliana, fratello dell’attuale capo di Stato Sergio Mattarella tra le braccia del quale morì il 6 gennaio 1980, e tanti calabresi di origine e di adozione. Tra i calabresi c’è anche Vincenzo Grasso, titolare di una concessionaria di automobili a Locri, dove fu freddato proprio il 20 marzo di ventotto anni fa davanti alla sua concessionaria. Dopo richieste estorsive non accordate, minacce, intimidazioni e denunce, per lui arriva inesorabile, di sera, l’esecuzione della sentenza di morte eseguita da due killer con un’arma da fuoco. Vincenzo Grasso dal 1982 denunciava alle forze dell’ordine le richieste di estorsione alla quali non aveva mai ceduto. Non lo avrebbe mai fatto convinto come era che bisognasse essere onesti, integri e coraggiosi per determinare il cambiamento, squarciare quella coltre di paura e costruire futuro per i suoi figli. Lo aveva anche scritto ad Enzo Biagi in un lettera datata 1987.
Nonostante il conferimento nel marzo del 1997 della medaglia d’oro al valore Civile con la motivazione “Commerciante impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, benché consapevole del rischio cui si esponeva, si opponeva tenacemente a una lunga serie di intimidazioni e di pressanti richieste estorsive. Per tale coraggioso atteggiamento e inflessibile rigore morale rimaneva vittima di un vile attentato. Nobile esempio di ribellione alla violenza criminale, nonché di elette virtù civiche, spinte sino all’estremo sacrificio. Locri (RC), 20 marzo 1989”, quel delitto non ha avuto ancora giustizia. Dopo un’indagine, solo un’archiviazione. Si allunga con lui la lista delle storie di morte e violenza rimaste senza verità e gravate dal peso dell’impunità.
La famiglia Grasso vive ancora a Locri e la figlia Stefania collabora da anni con Libera per promuovere la memoria e l’impegno. Con grande generosità e disponibilità Stefania offre la sua testimonianza alla riflessione di quanti vogliano ascoltare queste storie dolorose e al contempo farsi contagiare dal desiderio di speranza e cambiamento. Racconta di suo padre, del suo sorriso costante, degli insegnamenti ancora luminosi di onestà e rispetto e della sua dedizione alla famiglia quella stessa che, così ferita e profanata, è stata così unita e forte nel momento della implacabile violenza.

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“La morte di mio padre e delle altre vittime innocenti non sarà vana finchè la loro memoria sarà affidata, non solo alle persone che lo hanno conosciuto e amato” Stefania Grasso (figlia di Vincenzo Grasso)

DALLA GAZZETTA DEL SUD DEL 21 MARZO 1989
DALLA GAZZETTA DEL SUD DEL 21 MARZO 1989
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