Gio. Mag 2nd, 2024

Per qualche ora l’area industriale antistante al porto di Gioia Tauro ha avuto i riflettori puntati dell’intero Paese. Sì, perché il ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio e quello della Giustizia Alfonso Bonafede, tenendo fede alla promessa fatta qualche settimana fa a Roma, quando Nino de Masi era stato invitato al ministero dello Sviluppo Economico, hanno fatto visita a uno degli imprenditori calabresi più bersagliati degli ultimi decenni sia dai poteri criminali, ’ndrangheta, sia dai colletti bianchi, banche e banchieri. Si ricorda la ventennale battaglia dell’imprenditore che ha mandato i vertici dei principali istituti di credito nazionali alla sbarra con l’accusa, poi accertata, di usura, quella legale e istituzionalizzata dalle banche. Battaglia in parte vinta. Nino De Masi ha il suo stabilimento propria nell’area industriale del porto, difeso dai militari dopo i continui atti intimidatori, lì, l’imprenditore della Piana, con tenacia, difende l’idea di fare impresa in Calabria, di farla crescere e, soprattutto, di innovarla con idee e sviluppo creativo. E la visita del vice premier e del Guardia Sigilli è la consacrazione che i sacrifici fatti fino adesso dall’azienda De Masi hanno avuto un senso. Nei capannoni visitati dal leader pentastellato, dove lo stesso De Masi ha fatto da Cicerone, c’erano un po’ tutte le istituzioni del luogo: dal prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari, al Questore Raffaele Grassi; dai comamdanti provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza; ai leader sindacali regionali di Cgil-Cisl-Ul. Anche una delegazione dei lavoratori portuali hanno parlato con il ministro di Maio sulle problematiche dello scalo. Ma c’erano anche altri imprenditori bersagliati dalle ’ndrine come il palmese Gaetano Saffioti e Pippo Callipo, industriale conosciuto in tutto il mondo.

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