Ven. Apr 26th, 2024

Paolo Dodaro racconta all’Huffington Post il viaggio a 200 chilometri da Wuhan per conoscere la famiglia di sua moglie. «Io, lei e mio figlio stiamo bene, ma quel progetto forse è perso»

Continua dopo la pubblicità...


IonicaClima
amaCalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

«Siamo in quarantena al Policlinico Militare del Celio a Roma da sabato scorso. Con me, mia moglie e il nostro piccolo di otto mesi ci sono altre cinque persone arrivate da Wuhan. Ogni giorno ci misurano la temperatura almeno un paio di volte, poi tanti test, sia del sangue che, con il tampone, nelle narici e nella gola. Per fortuna tutti i risultati sono negativi. Medici e infermieri ci visitano però sempre e solo con tute impermeabili, cappucci e mascherine». Le frasi sono di Paolo Dodaro, chef di Borgia, in provincia di Catanzaro. Dodaro, 42 anni, lo scorso 22 gennaio aveva deciso con la moglie di andare a visitare la famiglia di lei, in un paesino montano di sole 500 persone a due passi dalla città di Yichan, 200 chilometri ad ovest da Wuhan. «Abbiamo avuto sfortuna – dice all’HuffPost –. Abitiamo molto più lontano da Wuhan, a Yueyang, ma avevamo qualche giorno di ferie per festeggiare il capodanno cinese. Stiamo costruendo un ristorante italiano, un progetto molto ambizioso che non so se riprenderò più in mano, forse è tutto perso».
Durissimi i giorni trascorsi in Cina dopo l’esplosione della malattia. «A livello alimentare siamo sopravvissuti grazie all’orto, ma non avevamo abbastanza latte in polvere per mio figlio. Quando la polizia locale mi ha contattato spiegando che l’Ambasciata italiana avrebbe messo a disposizione della mia famiglia un passaggio per raggiungere Wuhan e rientrare in Italia non ho avuto dubbi. Anche la mia famiglia, dalla Calabria, spingeva affinché rientrassi».
Dopo il viaggio («Wuhan l’abbiamo attraversata in auto. Non si vedeva gente in giro. Non c’era nessuno per strada. All’aeroporto di Wuhan ci hanno unito assieme ad una cinquantina di altre persone. Il volo era stato organizzato dalla Gran Bretagna in collaborazione con Italia, Francia e Spagna. Durante la tratta eravamo tutti ad una grande distanza gli uni dagli altri. Il personale di volo si è fatto vedere il meno possibile e solo completamente incappucciati e con le tute. Niente pranzi o cene, solo snack e pezzi di pane»), il trasferimento al Celio. «Abbiamo una stanza tutta nostra, un balcone e una camera con i giochi per Antonio. Dobbiamo solo avere pazienza».

Print Friendly, PDF & Email