Gio. Mag 2nd, 2024
La nuova aula bunker a Lamezia Terme dove stamani inizia il maxi processo "Rinascita Scott" - che vede imputate oltre 300 persone - contro le cosche di 'ndrangheta del vibonese e dei presunti referenti istituzionali, politici, economici e della massoneria deviata, 13 gennaio 2021. ANSA/SALVATORE MONTEVERDE

E’ uno degli avvocati più importanti e apprezzati del foro di Vibo Valentia e in “Rinascita Scott” riveste un ruolo di primo piano nel collegio difensivo assistendo una quarantina di imputati nei vari filoni del maxiprocesso alla ‘ndrangheta vibonese. L’avvocato Diego Brancia è spesso una voce fuori dal coro, a volte critica, mai autoreferenziale, coraggiosa nelle prese di posizione. Nell’aula bunker di Lamezia Terme è tra i più presenti. C’era anche giovedì scorso nell’ormai famosa udienza il cui inizio è slittato di qualche ora per la presenza in aula di soli due avvocati . All’appello del collegio giudicante, presieduto da Brigida Cavasino, ha risposto presente insieme a un altro suo collega. In questa intervista rilasciata a Calabria7 è andato ancora una volta controcorrente. Nessuna difesa d’ufficio alla Camera penale di Catanzaro, qualche bacchettata all’Ordine degli avvocati e leale autocritica all’avvocatura vibonese della quale fa parte.

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– Lenta agonia dei diritti degli imputati, sterilizzazione e fase recessiva del diritto di difesa, ideologia populista e modello penale massimo, autoritario, repressivo. Sono frasi estrapolate da una lettera al vetriolo della Camera Penale di Catanzaro. Ma davvero il maxi-processo “Rinascita Scott” è diventato una sorta di medioevo del diritto di difesa come lascia intendere questa nota?

“Rinascita-Scott è un processo di assoluta complessità, la cui istruzione dibattimentale richiede necessariamente tempi serrati. Il vero ‘intoppo’ di questo dibattimento è che la sua celebrazione sia avvenuta in una località “innaturale” fuori dai circuiti urbani con evidenti ripercussioni sull’organizzazione lavorativa di Noi avvocati, molto spesso impegnati in altri dibattimenti e con un numero di sostituti processuali d’udienza limitato. L’avvocatura vibonese, come la stessa città di Vibo Valentia, hanno sprecato un’altra occasione: quella di vedere realizzata un’aula bunker all’interno delle mura urbane che, probabilmente, avrebbe consentito una distesa celebrazione del dibattimento ed un ritorno economico per l’economia locale”.

– L’aula bunker di Lamezia viene definita un centro di raccolta temporanea di imputati e la logica del maxiprocesso uno stravolgimento di tutte le regole del diritto penale liberale… E’ un pensiero comune a tutti i penalisti impegnati nel collegio difensivo di Rinascita Scott?

“Personalmente posso affermare che l’unico vero disagio sia quello della celebrazione fuori sede del dibattimento, che doveva essere collocato nella Città di Vibo Valentia o all’interno del nuovo palazzo di Giustizia o in un’aula appositamente realizzata per questo tipo di dibattimento. Non mi pare che questo Collegio giudicante stia conculcando il diritto di difesa. È, comunque, fisiologico che la celebrazione di un dibattimento con centinaia di imputati e con migliaia di testimoni comporti un faticoso allestimento di strumenti per difendersi che possono apparire “compressi”, ma che in realtà sono soltanto “velocizzati”. Siamo chiamati forse a fare le cose in fretta, ma è il numero e lo stato detentivo degli imputati che lo impongono. Vengono celebrate di media sedici udienze al mese. Credo che alla fine si potranno conteggiare 400/500 udienze. È evidente che tutto ciò sia ciclopico, ma era una circostanza ampiamente nota sin dall’esordio”.

– A innescare la polemica è stata la presenza in aula giovedì scorso di solo due avvocati, uno dei quali era lei. Com’è possibile evitare il ripetersi di una situazione analoga garantendo a tutti gli imputati il diritto di difesa?

“Credo che la questione vada posta in termini differenti: abbiamo partecipato ad una lunghissima udienza preliminare presso l’aula bunker del complesso penitenziario di Roma-Rebibbia. In quel caso l’Ordine degli Avvocati, competente territorialmente, mise a disposizione un piccolo stuolo di difensori d’ufficio (sempre presente). Il modello dovrebbe essere questo. Comprendo le assenze di molti colleghi, che ritengo riconducibili alla collocazione fisica dell’aula. Altri processi di criminalità organizzata, con un numero inferiore di imputati (celebrati a Vibo Valentia), registrano la presenza costante di un numero maggiore di avvocati”.-

– Lei è stato critico nell’individuazione dell’aula bunker a Lamezia Terme e ha sempre sostenuto anche pubblicamente che doveva sorgere a Vibo. Perché?

È mancata la forza dell’avvocatura vibonese, come la capacità della componente politica locale di rivendicare il diritto alla celebrazione del processo nel suo luogo ‘naturale’. Era questa la vera battaglia da combattere a cui tutti abbiamo rinunciato. Ho, sempre, sostenuto che non esista soltanto un Giudice naturale, ma, anche, un luogo ‘naturale’ di celebrazione del dibattimento. Le sentenze vengono pronunciate in ‘Nome del Popolo italiano’, proprio quel ‘Popolo’ di cui è parte integrante la Comunità Vibonese ha diritto di sapere se il fenomeno mafioso denominato ”Ndrangheta’ abbia mai trovato radici in questa provincia. La traslazione del dibattimento in altra sede è non solo la privazione fisica di un’opportunità di partecipazione pubblica al dibattimento, ma anche un pregiudizio economico per un’intera realtà. È una delle tante occasioni perdute di Vibo Valentia, se, soltanto, si pensi alla circostanza che la realizzazione di un’aula bunker di grande dimensioni, avrebbe proiettato questa città verso una condizione giudiziaria differente e non più agonizzante.

– C’è un clima ostile nei confronti di questo maxiprocesso soprattutto all’esterno dell’aula bunker. Chi ha paura di “Rinascita Scott”?

“Posso dire con convinzione che l’avvocatura non ha alcun timore di Rinascita-Scott. Molte dinamiche negli ultimi anni sono cambiate, anzi sono state stravolte. Ho fiducia nell’accertamento della verità dei fatti. Dobbiamo garantire nel migliore dei modi il diritto di difesa, contemperando questa prerogativa con l’esigenza della ragionevole durata del dibattimento, anche, per la presenza di decine di imputati, ininterrottamente, detenuti da tre anni. Alla fine la ‘Giustizia come ogni divinità si manifesta soltanto a chi ci crede’”.

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