Dom. Mag 5th, 2024

L’argomento è serio, perciò -pure al netto di certuni aspetti che mi toccano (o mi hanno toccato)- entro subito in argomento, derogando a preamboli, parafrasi e battute…se posso!

Parliamo di questo circolo vizioso, pericoloso, oltraggioso -tipico del vilipendio alla convivenza civile, ai cittadini, alle libertà individuali e allo Stato di Diritto- che noi italiani sopportiamo dal 1992 ad oggi.

Non è cosa da poco, poiché il confine dovuto tra atto di legge e azione lecita, si fonde e si confonde, fino a divenire un tutto discutibilmente indefinito.

Qualcuno dice -e certamente rappresenta la immonda categoria delle ‘anime belle’- come l’azione che si snododai magistrati, fu un atto 'salubre', anzi dovuto e necessario, in ossequio alla legge, senza però contestare in punta di liceità, che essi perseguirono non tanto e non solo reati, bensì un sistema e così facendo sconfinarono dalle loro funzioni, fino a soverchiare gli altri poteri costituzionali: insomma, quello che è il potere legislativo ed esecutivo (rappresentato dalla politica), venne messo sotto scacco dal potere giudiziario, il quale non è propriamente un potere, bensì un'ordine o una categoria professionale. I magistrati inquirenti meneghini alla testa di Francesco Saverio Borrelli -da me definito, a mo' di sfottò (più che meritato o giustificato!) 'Ciccio Sasa‘- assieme al suo Aggiunto, Gerardo D’Ambrosio (guarda caso, in futuro, divenuto tra il 2006 e il 2013, parlamentare del centrosinistra in quota ‘rossa’, cioè della componente del PCI-PDS-DS) e con l’apporto iniziale di una ‘trimurti’, altrettanto fanatico-manetterista, composta da Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, ed infine Antonio Di Pietro, ovvero l’uomo solo in apparenza ‘forte’, ma anche (e probabilmente?) quello più ‘debole’ (perché condizionato e condizionabile?).
Non c’è altro da dire, in quanto molti sanno quel che penso e le cose che via via si stanno scoprendo -ed anche io, le sto rimettendo assieme!- ma dubbi, sconcerti e misteri, rimangono eccome, poiché è lecito sospettare – in luogo al sospetto per alcuni , tra cui me, il quale però diviene certezza!- cioè quanto vi furono ‘manine’ esterne’ (poi pentitesene e comunque improvvide) a condizionare, fomentare e sobillare l’operato – eccessivamente fanatico- di tutti costoro asserragliati nel Palazzo di Giustizia milanese, da cui poi presero le mosse altre Procure, nella varie parti d’Italia.
Intendiamoci, ciò è una opinione, la mia e pure di altri, però deve trovare -anche essa, al pari di quella di chi le pensa e le propaganda diversamente e con valutazioni opposte- giusta e/o seria cittadinanza.
Da lì, da quel momento e nei mesi sussessivi, sembra proprio di aver assistito ad una vera e propria ‘mutazione genetica’ -per non definirla come sarebbe più corretto, sotto l’aspetto giuridico-etimologico- ovvero il rigetto dell’impostazione derivante del nostro ordinamento, il quale trae origine dal Diritto Romano, cioè da gente come Marco Tullio Cicerone, Marco Porzio Catone, Sesto Pomponio e Domizio Ulpiano (quest’ultimo il più citato nel ‘digesto’ redatto su incarico dell’Imperatore Giustiniano nel 533), quindi non parliamo certo di (pseudo)giuristi ‘à la façon’ di Giancarlo Caselli, lo stesso Francesco Saverio Borrelli et similis.
Mi spiego: l’architrave giurisprudenziale della Roma antica, aveva un principio di civiltà giuridica ineguagliabile, il garantismo per l’appunto.
Esso comporta, certamente, l’impostazione di concedere il beneficio del dubbio in senso positivo all’imputato -esplicitato nella formula ‘in dubio pro reo’ (traslitterato: in mancanza di certezza tutto è a favore dell’imputato)- epperò questa regola aurea, oggi (e da quell’infausta epoca di inizio anni 90) non accade sempre, anzi quasi mai!
O meglio, in verità si verifica solamente, quando l’imputato si trova ad essere un magistrato, il quale a norma di legge è indagato e poi giudicato da suoi colleghi, quindi appartenenti alla medesima categoria.
Il Diritto Romano, contiene in nuce anche altre ‘formule pandettarie’ come la certezza della pena a fini riabilitativi, ma financo su questo aspetto, oggigiorno, la china prende il verso di chi è inclita aconcettuale, poiché proprio la certezza della pena, presuppone il sacro rispetto delle garanzie legali in capo all’imputato, oltre a vedersi processato in tempi ragionevoli, non trascinato sine die -altro termine latino e non latinorum- quasi fosse preventivamente condannato al girone infernale degli ignavi (ben descritto da Dante). Già, perché l’allungamento dell’inizio dello stesso procedimento (ove mai avesse avvio), a causa di un processo mediatico (e di piazza!), moralisticamente, malvagiamente e fanaticamemte (perciò irregolare) e messo in campo in modo discutibilmente preventivo, all’atto delle conferenze stampa ‘procuratorili’, crea di già una condanna, il più delle volte ingiusta, ed anche drammaticamente definitiva, pur non avendo valore alcuno, quindi illegale.
D’altronde, proprio un esponente di quel pool di magistrati milanesi guidato da Borrelli, cioè Piercamillo Davigo, dichiarò durante una trasmissione televisiva -‘Dimartedi' su La 7- nel 2018: "un imputato che viene asolto in un processo, è solo un farabutto che è riuscito a farla franca". Non c'è che dire, difatti attendo di assistere per vedere come si concluderà il suo procedimento, in corso a Brescia, in cui si trova coinvolto per la vicenda delle carte riservate della 'Loggia Ungheria' (fantomatica associazione occulta di magistrati, tutt'ora in servizio e di ex componenti del Consiglio Superiore di loro stessi), per poter divulgare un mio commento calzante e d'uopo! Senza dover ribadire -al netto di quanto già ho illustrato- l'applicazione 'diabolica' di una cultura del sospetto, la quale ormai è divenuta prassi di norma, ed essa trova cittadinanza solamente in Iran, a pare che alle nostre latitudini. Ma allora, la medesima 'cultura', può essere a ben donde definita 'culturame del sospetto', epperò investire tutti, in quanto fu lo stesso Borrelli, nel 1994 (due anni dopo l'inizio di Tangentopoli) -e in concomitanza con l'ingresso in politica di Berlusconi- a lanciare un'amarena inquietante o meglio due: 1) "chiunque abbia qualcosa da nascondere, ci penso bene, ed eviti di concorrere a qualsiasi pubblica carica, perché altrimenti arriviamo noi a scoprire ogni cosa"; 2) "anche il giusto, pecca sette volte". Per la verità, gli fece da controcanto di supporto -sempre in quel periodo ma in un altro ambito, il solito Davigo, che disse "noi magistrati abbiamo un ruolo di superiorità morale". Ed essendo in discorso, non si possono dimenticare due delle frasi più insolentemente ciniche, dell'Aggiunto borreliamo, ovvero Gerardo D'Ambrosio, che da par suo sostenne altri abomini giurisprudenziali: 1) quello che affermo all’atto della morte -per suicidio, dico suicidio!- di un parlamentare socialista nel settembre del 1992, precisamente Sergio Moroni, il quale non resse alle strumentali inchieste e preferi` togliersi la vita, con un colpo di fucile nella cantina di casa sua (ma dopo aver scritto una dignitosa seppur straziante lettera di addio, indirizzata al Presidente della Camera dell’epoca, cioè Giorgio Napolitano). D’Ambrosio, infatti, dichiarò “c’è gente, che ancora si uccide per la vergogna” (intendendo quasi, che il povero disgraziato, avesse fatto bene e ciò fosse un atto dovuto!); 2) il suo stesso commento, circa la decisione dei Deputati (i quali votarono, il 29 Aprile del 1993, liberamente e in ossequio al loro mandato popolare), contro le autorizzazioni a procedere richieste su Craxi, da questi epigoni di Vyšinskij (il temibile inquisitore sommario di Stalin), dichirando caso di specie (tra l’altro, fuori da qualsiasi, dettame costituzionale!): “Il Parlamento si è assunto una responsabilità grave, perché sta mettendosi contro il cambiamento che noi stiamo portando avanti”.
È plausibile tutto ciò?

Soprattutto è credibile questa azione da loro compiuta, sotto l’aspetto lecito?

E già perché di lecito vi fu ben poco e di legale ho persino più di un dubbio!
Vi sarebbero altri esempi, altri processi -a proposito quelli richiamati circa Moroni e Craxi, si conclusero, con l’assoluzione post mortem di Moroni e la sanzione della Corte di Strasburgo all’Italia e in favore di Craxi (ma pure per lui, una volta deceduto)- quindi esistono -non è che esisterebbero, sono reali!- ulteriori procedimenti sconcertanti -e tutto finito in favore degli imputati- come quelli, ad esempio, di Andreotti, Gava, Mannino, Mancino, Mancini, Loiero, Quattrone, Manti e Misasi (che per altro quest’ultimo, si concluse, ancor prima di cominciare, per l’evidente ‘fumus’), epperò sono tristi consolazioni, poiché il solo averle impiantate, tutte assieme contemporaneamente ed appassionatamente (qui Julie Andrews c’entra poco o niente!) lo si può classificare solo in un modo: atto sovversivo!
Ecco, pur rischiando sulla mia pelle, eventuali ritorsioni di cui ogni cittadino è e potrebbe essere buon testimone (pur non augurandomelo), non posso tacere, anzi io parlo e continuerò a parlare!

Vincenzo Speziali

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