Gio. Mag 2nd, 2024

Ingredienti semplici, farina, noci, uva passa, miele, buccia d’arancia, spezie, ma pure combinazioni note solo alle famiglie che, con variazioni soggettive ad una ricetta comunque consolidata, ne conservano da generazioni il segreto. La pitta ‘mpigliata di San Giovanni in Fiore, tuttavia diffusa anche in molti altri centri della Sila è, fra i dolci tipici calabresi, uno dei prodotti maggiormente identitari e di qualità: alla sottile sfoglia che la caratterizza si possono dare diverse forme, ma le consuetudini sono comunque antiche, e per il gusto l’esperienza è sempre quella, straordinaria, delle note di montagna, di bosco e d’autunno, il sapore è quello rustico delle pietanze cotte nei forni a legna. Da poche settimane, ovvero, nel novembre scorso, è nata l’Accademia che avrà il compito di tutelarla, valorizzarla e promuoverla e che ha organizzato, presso il Centro Florens, sede dell’Istituto Alberghiero intitolato a Leonardo da Vinci, la prima edizione del concorso regionale della pitta ‘mpigliata fatta in casa per mettere a confronto le diverse ricette e tecniche di lavorazione. Il presidente dell’Accademia, Emilio Vaccari, non fa mistero dell’intenzione di avviare iniziative mirate, mediante un riconoscibile disciplinare di produzione, all’ottenimento di un marchio di qualità.

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Opportunamente veicolata, la pitta potrebbe diventare uno dei principali attrattori turistici per il territorio silano, afferma il presidente della sezione calabrese dell’Unione Cuochi, Carmelo Fabbricatore. Che il cibo sia anche emozione è ormai assodato, e da esperto in analisi sensoriali il chimico Gerardo Greco lo sa bene: quel che s’intende fare è coinvolgere il consumatore e renderlo consapevole di processi che affondano le loro radici in tempi remoti. Delicata, certamente anche affettuosa la visione del rapporto fra la pitta e San Giovanni in Fiore offerta dal presidente del Gal Sila, Antonio Candelise.

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