Lun. Apr 29th, 2024

L’organizzazione criminale aveva rapporti privilegiati con i narcos sudamericani

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In seguito alla richiesta di rinvio a giudizio firmata dai sostituti procuratori Daniele Scarpino e Andrea
Sodani della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, il giudice per le indagini preliminari
Vincenzo Quaranta ha fissato per il 9 marzo alle 10 l’udienza preliminare a carico di 37 indagati (su
56 complessivi) nell’operazione “Hermano”, che a luglio dell’anno scorso consentì di arrestare 19
persone e smantellare un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga nel Nord Italia.
Lo “rete” internazionale aveva base a Taurianova: i carichi, attraverso la Spagna, dal Sudamerica
finivano nelle piazze di tutta Italia e in particolare, oltre che nel Reggino, a Milano, Parma, Verona e
Vicenza. Sono coinvolti diversi residenti nella Piana di Gioia Tauro, altri del Crotonese ma anche
persone nate e residenti a Nord, alcune delle quali già in carcere per altri motivi, e soprattutto
sudamericani.
Stando alle risultanze investigative dei carabinieri, coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri,
sarebbe stato Carmelo Bonfiglio, 42 anni, di Polistena, a mantenere i rapporti con i fornitori spagnoli,
albanesi e peruviani, grazie ai quali sarebbero stati in grado di acquistare partite di droga a prezzi
concorrenziali: 32mila euro al chilo a fronte di un prezzo di mercato che va dai 35 ai 40mila euro.
L’inchiesta è partita nel dicembre 2017, a seguito di un arresto durante un controllo di polizia. In
quell’occasione, all’interno di un auto i carabinieri trovarono 3 chili e 400 grammi di infiorescenze di
cannabis indica essiccata. Da quel sequestro si è risaliti prima a Palmiro Cannatà e poi a Carmelo
Bonfiglio, riuscendo così a ricostruire la filiera della droga e a delineare la struttura della consorteria
criminale che avrebbe gestito traffici di marijuana, hashish e cocaina.
Gli indagati sarebbero riusciti a far confluire ingenti partite di droga con carichi nascosti in scomparti
segreti nei veicoli utilizzati per il trasporto nelle principali città, tra cui Milano e Roma. Qui lo
stupefacente sarebbe stato diviso in dosi e smerciato. Per sviare i controlli delle forze dell’ordine e
quelli in aeroporto, la cocaina veniva trasportata in forma liquida, chimicamente intrisa nelle fibre delle
valigie o saturandola nei libri per poi estrarla attraverso processi chimici di reazione molecolare.

FONTE GAZZETTA DEL SUD

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