Gio. Mag 2nd, 2024

Possedeva ed utilizzava regolarmente il cellulare nonostante il divieto impostogli dal Questore di Catania con l’avviso orale emesso nel 2010 e notificatogli nel 2015. Per questo motivo, la Procura della Repubblica di Cosenza, in seguito ad ordinanza di imputazione coatta emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari Giuseppe Greco, aveva esercitato l’azione penale nei confronti di Vincenzo Pandetta, in arte Niko, 32 anni, noto trapper catanese, difeso di di fiducia da Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri del Foro di Paola, citandolo a giudizio innanzi al Tribunale di Cosenza, per aver violato l’Articolo 76 comma 2 del Decreto Legislativo n. 159/2011 perché, pur essendo sottoposto alla misura di prevenzione personale dell’avviso orale, con la prescrizione di non detenere apparati ricetrasmittenti tra cui telefoni cellulari, giusto provvedimento emesso dalla Questura di Catania, violava il divieto di cui all’Articolo 3 commi 4 e 5 del predetto Decreto Legislativo. In particolare, Pandetta, deteneva un telefono cellulare iphone xs nero a lui intestato rinvenuto nella tasca destra del pantaloncino indossato, per come accertato, a seguito di notizia confidenziale, dal Nucleo Operativo Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Rende il 16 luglio 2019 presso un noto Hotel di Rende. Nell’occasione, i Carabinieri, sequestrarono al Pandetta il telefono cellulare rinvenuto nella sua disponibilità. La difesa, prima dell’apertura del dibattimento, ha chiesto al Giudice Monocratico del Tribunale di Cosenza Francesco Guglielmini di emettere nei confronti di Pandetta, già detenuto presso la Casa di Reclusione di Milano Opera per altro, una sentenza di proscioglimento perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, a seguito della sentenza n. 2/2023 emessa dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Articolo 3 comma 4 nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il Questore può vietare, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo, disponendo il dissequestro del cellulare e la restituzione al legittimo proprietario. Anche la Procura di Cosenza, rappresentata dal pm Patrizia De Marco, si è associata alla richiesta di proscioglimento avanzata dai difensori. All’esito della camera di consiglio, il Tribunale di Cosenza, ha emesso sentenza di non doversi procedere nei confronti del trapper catanese perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, disponendo il dissequestro del cellulare e la restituzione all’avente diritto, riservandosi sessanta giorni per la motivazione.

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