Concluso con una tavola rotonda e una mostra al “Mazzini” di Locri il progetto di alternanza scuola-lavoro “Cittadini di un solo mondo” svolto in collaborazione con il MIEAC
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NON ABBIAMO PAURA DI RESTARE UMANI: IL CORAGGIO DELL’EDUCAZIONE
Il cambiamento epocale, che caratterizza l’attuale società dal destino planetario, chiama in causa nuove forme di educazione improntate a costruire un nuovo umanesimo.
Facendo seguito a quanto previsto dalla normativa vigente relativamente alle modalità di svolgimento dei percorsi di Alternanza scuola lavoro Il Liceo delle Scienze Umane e Linguistico “G. Mazzini” di Locri, nella persona del suo dirigente, il brillante preside Francesco Sacco, e L’AC della diocesi di Locri Gerace nella persona del suo presidente, hanno stipulato una convenzione finalizzata alla realizzazione, attraverso il MIEAC, di un progetto di educazione alla mondialità dal titolo “Cittadini di un solo mondo”.
L’attività, che bene si inserisce nell’ambito del tema dell’anno del movimento educativo di AC «Non abbiamo paura di restare umani, Il coraggio dell’educazione», volto a riaffermare la centralità e la dignità di ogni creatura umana, ha permesso, a un gruppo di quaranta allievi, di conoscere usi e costumi di popoli che vivono in continenti lontani attraverso la testimonianza di un missionario che per molti anni ha operato in Colombia: Padre Gianfranco Zintu.
In un contesto culturale, sociale, politico, economico – nazionale e internazionale – nel quale discriminazioni, sperequazioni, xnofobia e razzismo prendono sempre più campo… alimentati ad arte da soggetti forti e forze politiche che della paura e dell’insicurezza hanno fatto la strada maestra per ottenere consenso e potere il rischio è che si possa fare strada l’idea che alcune vite umane valgono meno di altre, intaccando il sacro principio del primato dell’uomo, di ogni uomo, su tutto. C’è bisogno, quindi, di un forte, coraggioso, instancabile investimento educativo non soltanto nei confronti delle nuove generazioni, ma ancor prima sul versante del mondo degli adulti, sempre più disorientato sul piano esistenziale, culturale, oltre che socio-politico, e sempre meno in grado di cogliere e trasmettere ragioni di vita e di speranza.
Come educatori, cittadini, laici impegnati- afferma la bravissima presidente del MIEAC Girolama Polifroni- ci siamo sentiti chiamati a farci promotori – attraverso il nostro impegno educativo di itinerari che consentano di allargare gli orizzonti, di capire la complessità del nostro tempo, di andare oltre i luoghi comuni e gli stereotipi che creano chiusura ed intolleranza, per sperimentare “insieme” stili di vita e scelte esistenziali all’insegna della solidarietà, dell’accoglienza, della convivialità delle differenze culturali, religiose, etniche; valori, questi, che devono poter guidare anche le scelte sociali, economiche e politiche delle istituzioni ai vari livelli.
Il progetto strutturato in diversi incontri ha trattato temi quali: la globalizzazione, la diversità, l’intercultura. Gli studenti, attraverso ricerche, attività laboratoriali, giochi didattici, visione di film (un’attività di cineforum è stata sapientemente guidata da padre Vincenzo Sibilio), hanno avuto modo di comprendere che l’Amazzonia non è solo una foresta ma è la casa di centinaia di popoli indigeni, con una straordinaria ricchezza di culture e tradizioni… ma anche un mondo segnato da tante forme di povertà che rendono i suoi abitanti facili prede di ingiustizie e soprusi sia a livello sociale che ambientale.
A conclusione dell’attività si è svolta una tavola rotonda su intercultura, globalizzazione e ambiente alla quale hanno preso parte: il DS Francesco Sacco, la presidente diocesana di AC Veneranda Musuraca, Padre Gianfranco Zintu, Girolama Polifroni e la presidente della Cooperativa sociale Pathos di Caulonia, Maria Paola Sorace. Molto apprezzati gli intermezzi musicali degli alunni del Mazzini e l’esibizione del Global Corus, nonché la testimonianza di vita di un giovane immigrato.
L’inaugurazione di una mostra di “Molas” tessuti artistici variopinti, ottenuti cucendo e sovrapponendo diversi strati di stoffa di vari colori ha, infine, dato concretezza al progetto in quanto i disegni, realizzati con sapienza dalle donne Kuna (una popolazione indigena che vive ancora secondo antiche tradizioni e che discende dagli Incas e dagli indios Mapuce del territorio di Panama e della Colombia), rappresentano un esempio tangibile della cultura, della fede e delle tradizioni di questo popolo.
In un tempo di sfiducia crescente e di egoismo, a volte persino di rifiuto, vogliamo sperare che questa iniziativa possa essere come un lievito di speranza per generare un atteggiamento di fiducia nel futuro e nell’altro, chiunque esso sia.