Dom. Mag 19th, 2024

Giacomino Brancati, ex commissario dell’Asp di Reggio Calabria, e Domenico Calabrò, direttore del dipartimento Area ospedaliera, sono stati assolti «perché il fatto non sussiste» dalle accuse di rifiuto e omissione di atti d’ufficio, interruzione di servizio pubblico e abbandono di persone incapaci. I fatti si riferiscono allo stop dei ricoveri nel reparto di Ortopedia dell’ospedale di Locri, oggetto di una denuncia dei sindacati e di un’inchiesta della Procura.

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Il giudice Anita Carughi prende di mira innanzitutto il capo d’imputazione: «Benché sia molto lungo – scrive – e al suo interno richiami una molteplicità di provvedimenti e delibere (di vario tipo e non sempre chiaramente identificabili), risulta essere del tutto generico, indeterminato e assolutamente poco chiaro». Peraltro, «in atti non è presente un’informativa riepilogativa delle indagini svolte», cosa che «ha reso particolarmente difficile lo studio del fascicolo processuale nonché la comprensione dell’ipotesi accusatoria sostenuta dal Pubblico Ministero». Le tante annotazioni di Polizia giudiziaria presenti, in particolare, «non sembrano riportare fatti di rilievo penale».

La prima contestazione per Brancati e Calabrò è il reato di rifiuto ed omissione di atti d’ufficio. Per il giudice, però, nel capo di imputazione «non viene mai indicato né individuato uno specifico atto che gli imputati avrebbero omesso di adottare e vengono, per contro, indicati una serie di atti e comportamenti, asseritamente tenuti dagli imputati, che, a parere della pubblica accusa, sarebbero risultati inidonei ad evitare il blocco dei ricoveri presso l’Uo di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Locri». Questa formulazione è «contraddittoria» perché «o si addebita agli imputati di aver omesso di adottare atti dovuti del loro ufficio oppure si addebita agli stessi di aver adottato atti volti a far fronte all’emergenza, seppur rivelatisi in concreto inidonei o insufficienti allo scopo». Una contraddizione che «appare insanabile agli occhi di chi scrive». Dall’interrogatorio reso da Brancati in data 28.11.2017 e dalla documentazione prodotta dalla sua difesa nonché dalla documentazione presente in atti richiamata anche nel capo d’imputazione «si evince, tra l’altro, che entrambi gli imputati hanno adottato dei provvedimenti per cercare di far fronte alla carenza d’organico che è stata la causa delle disfunzioni registratesi presso il reparto Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Locri. Tale circostanza rende evidente, pertanto, che, ove anche sussistesse l’elemento oggettivo del reato contestato, alcun comportamento doloso (necessario per configurare i reati in commento) sarebbe in ogni caso attribuibile agli odierni imputati».

Seconda contestazione: il reato di interruzione di un servizio pubblico. Anche in questo caso, la sentenza rileva «genericità e indeterminatezza dell’imputazione», nella quale «dovrebbero quanto meno essere descritte le concrete modalità con le quali l’azione posta in essere dagli imputati avrebbe causalmente determinato l’interruzione di un servizio pubblico e ciò non solo al fine di consentire al giudice di valutare l’efficienza causale di tali condotte ma anche per consentirgli di apprezzare se le stesse siano state sorrette dal dolo necessario ai fini della configurabilità del reato contestato». Questa descrizione «non è presente» e dunque gli imputati vanno assolti «perché il fatto non sussiste», come per il primo reato ipotizzato.

E «il fatto non sussiste» neppure laddove il giudice analizza l’accusa di abbandono di persone incapaci. Nello stesso testo d’accusa, infatti, «si dà atto che i pazienti che si presentavano al pronto soccorso dell’Ospedale di Locri con necessità di ricevere terapie mediche o chirurgiche di tipo ortopedico, venivano sottoposti a visita specialistica e, non appena veniva individuata una sede idonea tra le unità ortopediche con disponibilità di posti letto (all’interno dell’Asp di Reggio Calabria o anche al di fuori di questa o talora presso strutture private), venivano trasferiti verso tali strutture». Questo comportamento «non integra, a parere di chi scrive, la condotta costitutiva dell’illecito penale in commento, consiste nell’abbandonare minori o incapaci».
«Inoltre – continua il giudice –, avendo riguardo ai soggetti che nell’imputazione risulterebbero essere stati i destinatari della condotta incriminata, si rileva che quest’ultima potrebbe, al più, essere imputabile ai medici ed al personale sanitario intervenuti caso per caso nell’accettazione dei singoli pazienti presso l’Ospedale di Locri e non agli odierni imputati. In capo agli stessi, infatti, nelle loro qualità di Commissario Straordinario e di Dirigente Generale dell’Azienda Ospedaliera, non poteva gravare l’obbligo di cura che costituisce il presupposto per la configurabilità del reato in commento, non essendo gli stessi entrati in una relazione qualificata con i singoli pazienti accolti dal pronto soccorso dell’ospedale di Locri».

Fonte: corrieredellacalabria.it

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