Quattromila euro per assicurarsi un pacchetto di voti della comunità rom del capoluogo di regione. Sono gli ultimi aggiornamenti dell’indagine che aveva portato a 62 arresti pochi giorni fa.
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Una busta contente quattromila euro in contanti: tanto basta per comprare i voti della comunità rom di Catanzaro. E’ quanto emerge dagli ultimi sviluppi dell’inchiesta che aveva duramente colpito il cosiddetto “clan degli zingari”.
La compravendita dei voti, utili per le elezioni regionali che si sono svolte nel gennaio del 2020, è stata svelata grazie ad una cimice piazzata sull’auto di un professionista catanzarese. L’uomo avrebbe incontrato un esponente della comunità rom per ottenere la restituzione di un veicolo rubato, ma la conversazione prende velocemente un’altra direzione. Viste, infatti, le imminenti elezioni, il professionista cerca il sostegno del rom. Questo lo rassicura raccontando di come, in passato, avesse già ricevuto quattromila euro in contanti da un candidato alle elezioni regionali per i suoi servigi, ovvero garantire i voti della sua comunità.
In altre intercettazioni dello stesso professionista si scopre che, con le elezioni alle porte, l’indagato distribuiva nella periferia di Catanzaro – abitata per lo più da rom – i fac-simile della scheda elettorale con le indicazioni per votare il candidato giusto. Spuntano i nomi di alcune famiglie note alla magistratura, come quelle dei Bevilacqua e Passalacqua, e quello di un misterioso mediatore soprannominato nelle intercettazioni “Armando lo Zingaro”.
Per gli investigatori, che sono a lavoro sul caso, ci sarebbero delle inequivocabili evidenze del fatto che la comunità rom del capoluogo di regione costituisca un bacino elettorale ricco, a cui elementi dell’amministrazione e della politica attingono a suon di quattrini.