Lun. Mag 20th, 2024

Si chiama “I-Can” e l’Italia è pronta a investire 4,5 milioni di euro in tre anni

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Seguendo i flussi finanziari gli investigatori sono arrivati in più di 30 Paesi del mondo, quelli dove la ‘ndrangheta ha messo negli anni radici più o meno profonde. “Locali” aperti in ogni continente, monopolio del traffico di droga, capacità di infiltrare i circuiti economici legali, fatturato che stime approssimate per difetto collocano oltre i 55 miliardi: per mettere i bastoni tra le ruote della ‘ndrangheta Spa è ormai indifferibile una grande alleanza mondiale ed è in questa direzione che va il nuovo progetto approvato dall’Interpol, I-Can (International Cooperation against ‘ndrangheta): l’Italia è pronta a investire 4,5 milioni in tre anni. Ma non può farcela da sola. Perchè il cancro delle ‘ndrine ha sviluppato metastasi da San Luca ad Anversa, da Duisburg a Melbourne, passando per Europa dell’Est, Canada e Sud America. Un perverso franchising criminale.

La Spagna – secondo l’ultima relazione della Dia – è l’anello di congiunzione tra i clan calabresi e le organizzazioni criminali sudamericane: qui arrivano fiumi di cocaina e di hashish; qui vengono riciclato denaro; qui trascorrono latitanze più o meno dorate boss in fuga. Sarebbe recente il patto di non aggressione tra ‘ndrine calabresi, clan di camorra e cosche di Cosa Nostra per tenere più basso il prezzo dello stupefacente.

La Francia è un polo d’attrazione per i clan: il “locale” di Ventimiglia svolge da sempre funzione di «camera di passaggio». Le zone più sfruttate dalla criminalità organizzata italiana, arrivata alla seconda generazione, si trovano nella regione delle Alpi, in Provenza e in Costa Azzurra, dove vengono reinvestiti i capitali illeciti e trovano rifugio i latitanti. La prima apparizione della ‘ndrangheta in Canada risale agli anni ‘70 e già negli anni ‘90 erano diventati evidenti i collegamenti operativi tra le cosche calabresi (il cosiddetto “Siderno Group”) e gli omologhi sodalizi stanziati a Toronto e dintorni: il riconoscimento giudiziario dell’esistenza della ‘ndrangheta è arrivato poco meno di un anno fa, quando la Corte Superiore di Giustizia dell’Ontario ha condannato un sodale della famiglia Ursino a 11 anni e mezzo di reclusione per traffico di stupefacenti. In Messico, i cartelli della droga – secondo gli analisti della Dia – hanno stabilito «solidi canali di collegamento con esponenti della criminalità calabrese, e vedono nella ‘ndrangheta un protagonista al loro stesso livello». Lo stesso vale per la Colombia, maggior produttore mondiale di cocaina.

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