Sab. Apr 27th, 2024

SALE AD OLTRE 630 MILIONI DI EURO IL VALORE DEI BENI SOTTRATTI ALLE
COSCHE NEGLI ULTIMI 18 MESI DALLA GUARDIA DI FINANZA DI REGGIO
CALABRIA.
Stamattina, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e del
Nucleo Speciale Polizia Valutaria, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica –
Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, su richiesta del
Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Procuratore Stefano Musolino, stanno
eseguendo un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale con il
quale è stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione della confisca in relazione
all’ingente patrimonio, costituito da imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità
finanziarie, riconducibile a soggetti indiziati di appartenenza alla cosca di ‘ndrangheta “Labate”.
Tra i soggetti interessati dalla misura di prevenzione, vi è LABATE Michele cl. ‘56, esponente di
vertice dell’omonima cosca unitamente al fratello Pietro, che annovera condanne irrevocabili, tra
l’altro, per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso.
Al riguardo, proprio il citato LABATE Pietro cl. ’51, già Sorvegliato Speciale di P.S. e latitante per
lunghi periodi, è stato – nel corso del 2015 – sottoposto a fermo di indiziato di delitto dal G.I.C.O. del
Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria per il reato di intralcio alla giustizia
aggravato dalle finalità e modalità mafiose, in ordine alle minacce perpetrate ai danni di una
testimone – in un importante processo in corso proprio nei confronti del fratello Michele e di altri
esponenti della cosca “Labate” – volte a indurla a commettere il reato di falsa testimonianza. Per
tale delitto, LABATE Pietro è stato condannato – con sentenza confermata dalla Corte di Appello di
Reggio Calabria in data 22.09.2016 – alla pena di anni 5 di reclusione.
Gli altri interessati dal presente provvedimento sono i fratelli REMO Giovanni e REMO Pasquale
che nell’ambito del procedimento penale n.142/2010 R.G.N.R. DDA sono stati condannati dal
Tribunale di Reggio Calabria (con sentenza non definitiva) per il reato – tra gli altri – di cui agli artt.
110 e 416 bis c.p. (concorso in associazione per delinquere di tipo mafioso) ad anni 15 di pena
detentiva.
La misura di prevenzione patrimoniale ha, altresì, interessato il patrimonio immobiliare degli eredi di
FINTI Antonio cl. ‘42, imprenditore reggino deceduto nel 2014. La sua vicinanza ai LABATE è
stata ricostruita attraverso puntuali riscontri alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che
indicavano il predetto FINTI Antonio quale soggetto a disposizione della cosca “Labate” e deputato
al reimpiego dei proventi illeciti attraverso acquisizioni immobiliari.

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L’esistenza e l’operatività della cosca “Labate”, nei quartieri di Gebbione e Sbarre della zona sud di
Reggio Calabria, è stata più volte accertata con più di una pronuncia già passata in giudicato. In
particolare, è stato riconosciuto il ruolo di primo piano di LABATE Michele e del fratello Pietro
nell’omonima cosca, nonché il controllo assoluto – già dal 1987 – della gestione delle attività
economiche, con riferimento soprattutto al settore del commercio della carne.
In tale contesto le investigazioni a carattere economico/patrimoniale delegate dalla DDA reggina al
Nucleo di Polizia Economico Finanziaria/G.I.C.O. e al Nucleo Speciale Polizia Valutaria – V
Gruppo, oltre a delineare la pericolosità sociale qualificata in capo a LABATE Michele e ai fratelli
REMO Pasquale e Giuseppe, hanno consentito di qualificare le imprese a loro riconducibili nel
genus delle “imprese mafiose” in quanto nate e accresciutesi sfruttando il potere mafioso della
cosca “Labate” per sbaragliare la concorrenza, per imporsi sul mercato, per procurarsi clienti, con
totale alterazione delle regole della concorrenza, finendo per operare nella zona di competenza in
posizione sostanzialmente monopolistica.
Al riguardo sono state ricostruite – attraverso articolati accertamenti e l’acquisizione di copiosa
documentazione consistente in contratti di compravendita di beni immobili, di quote societarie, atti
notarili, ecc. – tutte le transazioni economiche poste in essere dai prefati LABATE Michele e fratelli
REMO negli ultimi 30 anni, appurando che gli investimenti dei proposti e dei componenti dei loro
nuclei familiari erano stati effettuati con denaro di provenienza delittuosa in quanto derivante da
attività imprenditoriale svolta secondo modalità mafiose.
Per quanto riguarda FINTI Antonio, sebbene il suddetto non sia mai stato direttamente coinvolto in
procedimenti penali per il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso o per altri delitti
aggravati dal metodo mafioso, l’esistenza del profilo di pericolosità sociale qualificata è stata
accertata attraverso i plurimi e puntuali riscontri alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, posti in
essere dai Finanzieri che, ricostruendo i flussi finanziari e le vicende economiche dell’intero nucleo
familiare del FINTI, sin dal 1972, hanno appurato che gli investimenti immobiliari effettuati nel
tempo erano stati del tutto sproporzionati rispetto alle risorse lecite disponibili.
Alla luce di quanto sopra, la citata Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale con il
provvedimento in esecuzione, ha ora disposto:
– l’irrogazione della misura personale della Sorveglianza Speciale di P.S. nei confronti dei prefati
LABATE Michele, REMO Pasquale e REMO Giovanni, nonché di LABATE Pietro cl. ‘51,
soggetto ritenuto al vertice dell’omonima cosca;
– l’applicazione della misura di prevenzione della confisca del patrimonio riconducibile ai citati
LABATE Michele, REMO Pasquale, REMO Giovanni e ai relativi nuclei familiari, oltre che agli
eredi di FINTI Antonio cl. ’42, per un valore complessivo di circa € 33.000.000,00, costituito dal
patrimonio e quote sociali di 5 complessi aziendali, 62 beni immobili (fabbricati e terreni) siti in
Reggio Calabria, 3 autoveicoli e rapporti finanziari/assicurativi e disponibilità finanziarie.
Con l’odierna confisca, il valore dei beni sottratti alla ‘ndrangheta dalla Guardia di Finanza di
Reggio Calabria negli ultimi 18 mesi, sale così ad oltre 630 milioni di euro.

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