Sab. Apr 27th, 2024

Dal Vibonese è iniziato lo svuotamento dei primi Cas che ospitavano migranti. Così molti 18enni con permesso di soggiorno umanitario, in alcuni casi con problemi di salute, sono obbligati a uscire dall’accoglienza. E chi non parte verso le città del Centro-Nord va alla baraccopoli di San Ferdinando

Continua dopo la pubblicità...


IonicaClima
amaCalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

 Probabilmente in molti esulteranno perché «è finita la pacchia». Ma dietro gli slogan elettorali ci sono vite umane, esistenze che prendono direzioni a volte dolorose, storie che finiscono per aggiungere disperazione alla disperazione. I primi effetti concreti del decreto Salvini, esecutivo dallo scorso 5 ottobre, si stanno vedendo da qualche ora nel Vibonese. Da una delle province più marginali della Calabria è infatti partito lo svuotamento dei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria che in questi anni hanno ospitato centinaia di migranti. Vibo, va detto, non è Riace, e da queste parti si è spesso concretizzato il sospetto – il Corriere della Calabria lo ha raccontato più volte – che dietro l’accoglienza ci fosse un business appetibile e non libero da ombre inquietanti, che a queste latitudini si chiamano ‘ndrangheta e malapolitica. Però ora, lo dicono i fatti e non le opinioni politiche, il rischio è quello di passare dalla padella alla brace. E senza costruire benessere per nessuno, italiano o straniero che sia.
Sta succedendo infatti che lo svuotamento dei Cas partito proprio in queste ore dal centro di Vallelonga – ma se ne aggiungeranno sicuramente altri nei prossimi giorni – ha fatto sì che diversi ragazzi, appena diventati maggiorenni e in alcuni casi anche con gravi patologie di salute, siano finiti letteralmente in mezzo alla strada. E alcuni hanno già preso i mezzi pubblici per raggiungere Rosarno, la Piana di Gioia Tauro e, ovviamente, la famigerata tendopoli di San Ferdinando.

 
I giovani migranti con la valigia davanti alla Questura di Vibo

IL PARADOSSO DI STATO La questione è burocratica ma, semplificando, a Vibo – e a breve in tutta Italia – sta andando così: i migranti che erano nei Cas e che hanno ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari hanno fatto richiesta di essere trasferiti negli Sprar, ovvero il secondo (e più umano perché mirato all’integrazione) livello dell’accoglienza in Italia, ma il dl Salvini ha di fatto abolito la protezione umanitaria e gli Sprar non possono più rispondere a tale richiesta, quindi le Prefetture, eseguendo il decreto e le recenti direttive del Viminale, comunicano a questi ragazzi che devono uscire dai progetti di accoglienza. Così i migranti devono andare via dai Cas – dove per molti, dopo l’orrore della Libia, non è stata affatto una «pacchia» – e recarsi alla Questura per firmare le carte che attestano che per loro è cessata ogni misura. Dopodiché sono in mezzo alla strada: chi può va a prendere il pullman per raggiungere qualche città del Centro o del Nord Italia, gli altri finiscono nelle baraccopoli degli invisibili senza diritti.
Così in pochi chilometri di Calabria, tra Riace, Vibo e San Ferdinando, si consuma il paradosso di Stato per cui si schiaccia chi trasforma l’accoglienza in risorsa (anche per gli italiani) e si mandano ragazzi di 18 anni – e qui, si badi bene, non parliamo di quelli che per la legge Bossi-Fini sono «clandestini» – in mezzo alla criminalità di strada o nelle tendopoli di Stato. In nome della «sicurezza».

Print Friendly, PDF & Email