Ven. Apr 26th, 2024

(Interviste a cura della dott.ssa Santostefano Francesca)

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INTRODUZIONE

Nella scienze sociali e più propriamente nella ricerca sociologica, le storie di vita possono fornire un contributo autentico alla costruzione di un sapere quale realtà sociale in termini sia di generazione di teorie e sia la generazione di modelli interpretativi i quali fungono da verifica o conferma delle teorie già esistenti. Altresì le storie di vita contribuiscono ad arricchire il nostro bagaglio culturale il quale costituisce il cosiddetto “passepartout” in cui emozioni, sensazioni, opinioni differenti forniscono uno sguardo più dettagliato nella nostra società per cui lo scienziato sociale ha il complesso compito di studiarla. Il sociologo opera attraverso le ricerche sul campo attuando interviste in profondità ed indagini qualitative ai soggetti da intervistare, spesso si avvale di strumenti quali il famoso taccuino ed innumerevoli sbobinature, altre volte si avvale di strumenti tecnologici vitali per studiare in modo più ravvicinato la quotidianità delle persone, più precisamente attraverso strumenti mediatici, canali comunicativi indispensabili oggi giorno i quali eliminano i confini fisici avvicinando più persone contemporaneamente. In questi duri mesi di lock down ho voluto immergermi in una realtà diversa e da buona sociologa, ho deciso di avviare la mia ricerca riferendomi al periodo oscuro vissuto da noi cittadini italiani. Per iniziare questo lavoro mi sono posta degli obiettivi ben precisi: cercare in un certo senso di capire e soprattutto di carpire lo status d’animo che ha caratterizzato questo periodo gli italiani. Come vedremo tale ricerca è stata ponderata su una particolare categoria di soggetti, una tematica a cui sono legata: gli stranieri residenti in Italia. Il target di stranieri a cui ho fatto riferimento si differisce sia dall’età, sia dalla mansione svolta e sia dal genere, svolgendo una specie di focus group virtuale. Cosa importante che ho tenuto presente il fatto di non farmi travolgere dalle loro storie racchiudendo il tutto in un’ottica oggettiva attuando un continuo lavoro sulle emozioni (Emoziona labour – il lavoro emotivo è un concetto coniato dalla sociologa Arlie Hochschild nel suo famoso libro The Managed Heart 1983). Sono tre le tematiche a cui mi sono attenuta: in primis mi sono incentrata sulla tipologia di lavoro svolto dagli intervistati, poi la mia attenzione si è focalizzata sia sul come hanno vissuto la pandemia in relazione a se stessi e sia sul come l’ hanno  vissuta in relazione agli altri, infine l’augurio che si sentono di fare in seguito alla pandemia. I pareri, le risposte e le opinioni sono risultati discordanti dapprima tranne per alcuni fattori che accomunavano i soggetti intervistati (status economico/sociale,genere, età).

METODOLOGIA D’INDAGINE

Il focus attorno al quale ho incentrato la ricerca sono state le storie di vita quotidiana ponendo come strumento di analisi il loro vissuto in questa pandemia sia in relazione al lavoro che svolgono, sia in relazione che a loro stessi ed infine in relazione agli altri. Strumento principale di indagine qualitativa il social network facebook, il quale può avere una doppia dicotomia: da un lato elimina i confini sociali e fisici, la distanza, dall’altro le fake news le quali circolano in una velocità repentina possono destare opinioni discordanti e facili illusioni, qualsiasi strumento tecnologico lo si deve saper usare. Ho scelto face book poiché oggigiorno le chatroom rappresentano un canale di comunicazione semplice e veloce. L’etnia che ha prevalso in questa indagine è stata sia quella romena sia quella indiana. Da un punto di vista del genere le donne hanno risposto con maggiore disponibilità a dispetto degli uomini. L’età dei soggetti intervistati è differente, c’è chi ha sui 40 anni, chi ha 15 anni, chi 25 accomunati da un solo proposito: la fine di questo incubo.

QUANDO LA FAMIGLIA E’ TUTTO

Il primo soggetto intervistato in modalità telematica è un giovane adulto di 25 anni residente al nord ma nato e cresciuto nell’accogliente e solare Calabria, ci racconta la sua esperienza, i suoi sogni, le sue emozioni, le sue paure avendo vissuto questo periodo lontano dalla sua famiglia, in una zona rossa colpita maggiormente dal conoravirus.

Attualmente vivo al Nord Italia in Friuli Venezia Giulia, sono dovuto andare via dalla Calabria per esigenze di lavoro;  faccio il magazziniere in una multinazionale, sono stato a casa solo dal 21 marzo fino al 19 aprile ma attualmente ho ripreso, seguendo le precauzioni sancite dal governo. Non è stato il massimo lavorare per ben 8 volte di seguito con guanti e mascherine anche per i colleghi che mi guardavano, spesso mi veniva da sorridere guardandoci perché sembravamo degli alieni. Inoltre ho dovuto stare attento a cosa toccavo nonostante i guanti e con cosa stavo in contatto ed ogni 2/ 3 ore andare a lavarmi le mani, cambiare spesso mascherina e guanti per paura di essere contagiato perchè c’erano persone che provenivano dal di fuori del magazzino. Non ti nego la paura è stata tanta, pertanto cerco di stare lontano dai miei colleghi limitandomi a saluti da lontano. Per quanto concerne la relazione con la mia famiglia purtroppo lei abita al sud, in Calabria ed io nel Veneto ma lavoro nel Friuli quindi la mancanza della mia famiglia è stata bruttissima, ci siamo visti con skype e sentiti costantemente soprattutto ma non è la stessa cosa. Un pasto caldo la sera, un abbraccio accogliente, queste cose mi sono totalmente mancate. Dover badare a se stessi è complicato, soprattutto quando vado a fare la spesa devo lavarmi poi continuamente le mani. Sono consapevole che tutto questo lo faccio in primis per la mia salute e poi per quella della mia famiglia, ma mi rammarica il fatto di vedere persone che se ne fregano delle regole e vanno in giro come se niente fosse. La salute è un diritto di tutti noi cittadini italiani perché ormai da 25 anni a questa parte mi sento cittadino italiano; i miei genitori sono approdati in Calabria quando non ero ancora nato per cercare opportunità lavorative migliori come molti nostri connazionali con la speranza di dare un futuro migliore ai propri figli. Infatti per me questa nuova realtà è stata molto difficile da vivere essendo abituato in un certo qual modo, stare sempre all’aria aperta inoltre essendo uno molto sportivo andare in palestra o giocare a calcio. Ho patito stare nelle quattro mura di casa ma sono consapevole ripeto che lo sto facendo per una buona causa e non come altri che si spacciano amici e poi ti tradiscono alle spalle. Cosa mi aspetto alla fine di questa situazione? Sinceramente nulla di eccessivo al di là di quello che già ho, sicuramente la cosa che mi dà speranza è che un giorno non tardo rivedrò i miei genitori, in quanto non li vedo da Novembre”. 

                                                                                           Singh, magazziniere, 25 anni

OMNIA VINCIT AMOR

In questa intervista Diana ci racconta la sua personale considerazione sulla pandemia, una ragazza di origine romena che vive in Italia da un bel po’con sogni, aspettative e speranze tipici per una ragazza della sua età.

Io non lavoro, ho 20 anni e sono attualmente disoccupata. Vivo in Calabria con mia zia e mia cugina anche loro di origine romena ed in Italia sono venute per fare le badanti. Purtroppo per me è stato molto triste e avvilente tutto questo perchè da un lato mi ha costretta a non poter più vedere il mio fidanzato il quale vive al Nord e non lo vedo dal 3 marzo, dall’altra il non poter più uscire, recludermi in casa, rinunciare alla vita mondana a cui ero abituata è stata molto dura. Soprattutto non vedere il mio fidanzato per il suo compleanno accaduto proprio nel pieno della pandemia, tutti i progetti che mi ero prefissata sono andati in fumo, ho provato sensazioni differenti fra di loro come rabbia, tristezza, mancanza di sonno e nervosismo. Senza dubbio né io né altri mai ci saremmo aspettati niente di questo genere. Un incubo come nei peggiori film horror. Poi la situazione è stata incrementata dal fatto che già prima con il mio fidanzato era una relazione a distanza però ogni fine settimana scendeva a trovarmi. Ora è tutto così complicato, mi auguro che tutto questo finisca al più presto è che possa rivedere il mio fidanzato ed i  miei amici che rappresentano per me una seconda famiglia”.

                                                                                     Diana, 20 anni, disoccupata

IL LAVORO MI HA ABBANDONATA

La storia di Amal è la tipica storia di chi è donna, chi è straniera e vive in Italia. Amal è solo una vittima inconsapevole del Covid – 19 ed il fatto di essere sia donna che straniera non è molto incoraggiante in particolare per chi fa parte di un determinato partito religioso che impone decoro e rispetto solo per la figura dell’uomo.

“Io lavoravo all’epoca in una pizzeria, non è il lavoro più bello del mondo ma questo mi permetteva di assistere economicamente i miei figli, di pagare qualche mese di affitto. Provengo da Asti una zona rossa, qui siamo tutti spaventati ed abbiamo paura per le nostre famiglie. Tuttavia non mi sono fatta prendere dal panico e vivo in modo sereno questa situazione stando ovviamente a casa e prendendomi cura dei miei affetti. Mio marito è anche fermo ed i problemi economici si fanno a sentire. Non avendo potuto pagare le bollette di luce e di gas ci hanno dato un ultimatum dicendoci che ce le staccheranno. I miei figli non possono seguire le lezioni online vanno ancora alle medie ma non avendo un tablet non possono seguirle così abbiamo fatto richiesta al comune per un tablet per entrambi i figli. La vita era già dura prima tra tutti i problemi economici che c’erano anche questa doveva capitarci. Pare che questo 2020 ci segnerà per sempre nella nostra esistenza.  Spero solo di non perdere il lavoro perché altrimenti non saprei cosa fare anche perché mio marito non lavora, prende il reddito di cittadinanza. Non vedo l’ora di tornare al lavoro, vedere tanta bella gente che arriva in pizzeria e concludere la serata stanca si ma soddisfatta, mi auguro tutto questo soprattutto per i miei figli, il bene più prezioso”

                                                                      Amal, 40 anni, cameriera

L’OTTIMISMO NON ABBANDONA MAI

Ansia e paure non devono prevalere poiché non fanno altro che incrementare ad mal di stomaco e cattivo umore. Amal,di origine  romena, non ha paura di tutto questo anzi è convinta che presto ne usciremo da vincenti.

“Premetto col dire che questo è un periodo drammatico ma lo supereremo presto. Io lavoro anche ora fortunatamente in una ditta di pulizie, essendo un’attività connessa con la sanificazione e la pulizia degli ambienti ed in questo periodo non ci siamo fermati. Tuttavia non ho molta ansia perché in Calabria la situazione è confortante anche perché ci sono stati pochi contagi fino ad ora e questo mi rassicura, sono ottimista devo dire la verità e non mi lamento, certo è pesante usare tutto il giorno mascherina, per  i guanti  invece non ho lamentele anche perché li usavo prima per pulire. Vivo con la mia famiglia, curarli è stressante, anche la vita in generale è troppo stancante però mi dà conforto che qui ci salviamo rispetto ad altri posti. Sicuramente sono più stanca di prima a livello proprio mentale e psicofisico. Prima davamo per scontato un  semplice caffè al bar, le uscite con gli amici, mandare a scuola i nostri figli, secondo me dovremmo apprezzarle le semplici cose perché sono quelle che danno più felicità. Sono convinta che tutto andrà meglio, ho l’affetto dei miei familiari, cosa voglio di più?”

                                                                            Amal, 45 anni, ditta di pulizie

MI MANCANO I MIEI COMPAGNI!

La chiusura improvvisa della scuola provocata dal covid-19 ha sancito un nuovo approccio alla didattica, il mondo della scuola si è trovato dunque alle prese con questo modo nuovo di svolgere le lezioni, sia pur con difficoltà, ma la costanza e la determinazione non hanno mai abbandonato né alunni e né insegnanti. Molti sono stati gli alunni i quali per motivi economici non hanno potuto seguire le lezioni in modalità e-learning a causa della mancanza degli strumenti tecnologici. Pertanto questo è stato causa di screditamento ed esclusione sociale. L’ambiente scolastico rappresenta una realtà di interazione sociale e comunicativa molto viva, difficilmente tutti noi dimenticheremo gli anni scolastici e le chiacchiere tra una lezione ed un’altra, le belle amicizie nate fra i banchi di scuola. Sabrina, una ragazzina come altri che si sono trovati costretti a stare casa, ha origine romene e da grande vuole diventare psicologa. Le mancano i suoi compagni e le risate, racconta il suo stato d’animo e la paura di non riuscire più a tornare come prima.

“La scuola mi piace per due motivi: prendere i panini alla macchinetta e vedere i miei compagni; sono sempre felice quando vado a scuola soprattutto perché mi piace imparare, da grande vorrei diventare psicologa. Questi giorni li ho vissuti in maniera triste perché mi mancavano tantissimo i miei compagni, soprattutto alcuni, ed ho passato le giornate la maggior parte del tempo sola a casa perché mia mamma andava a lavorare. Spero solo di tornare a rivederli tutti perché mi mancano tantissimo. Le foto, i panini al distributore, ridacchiare per alcune battute dei professori. Ho trovato molta difficoltà a seguire le lezioni anche perché ho solo lo smartphone non abilitato a seguire le lezioni sulla piattaforme e sono state molte le assenze che ho fatto, fortunatamente gli insegnanti mi hanno dato una mano ed hanno capito la situazione in cui mi sono trovata. Ho tanti sogni nel cassetto, mi auguro si realizzano tutti. E’ stato negativo il tutto ma sono sicura che ce la faremo”

                                                                                        Sabrina, 15 anni, studentessa

Dott.ssa Santostefano Francesca – Sociologa

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