Gio. Mag 2nd, 2024

di Vincenzo Speziali

Continua dopo la pubblicità...


JonicaClima
amacalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

Carmelo Pujia, è stato uno dei leaders della Democrazia Cristiana in Calabria. Si potrebbe dire che se Riccardo (Misasi, ndr) ne era il ‘re’, Carmelo -‘Carmelino’ per molti di noi e per me in particolare- svolgeva, credibilmente ed efficacemente il ruolo di ‘Primo Ministro’: insomma l’uno regnava, l’altro governava!

È stato molte cose, cominciando da Commissario per l’Opera di Maternità e Infanzia a Catanzaro (nel dopoguerra); poi Consigliere, Assessore e Presidente della Provincia di Catanzaro; successivamente Consigliere e (potentissimo) Assessore Regionale all’Agricoltura; infine tre volte Deputato e tre volte Sottosegretario (al Tesoro con i Governi Goria e De Mita, mentre al Mezzogiorno, con l’ultimo di Andreotti).

Anche nella DC nazionale ebbe ruoli, ovvero Consigliere Nazionale e Responsabile Nazionale degli Italiani all’Estero, in Giunta Esecutiva, assolvendo qualunque di questi incarichi con zelo e imperioso temperamento.

Quanto bene ho voluto a ‘Carmelino’!

Confesso che con lui, avevo più dimestichezza caratteriale -ovvero immediatezza discorsiva- di quanto la potessi avere con Agazio Loiero: quest’ultimo -il quale rimane un autentico fuoriclasse!- era, al pari di Carmelo e sua moglie Ida, amico dei miei genitori, ma Agazio per mio padre era, ed è, uno dei suoi più intimi, anche in virtù di un aspetto generazionale.

Forse è per tali motivi, che con Pujia, tutto risultava più facile, perché non mi vedeva come il ragazzino ‘giamburrascoso’ -sono sempre stato vivace anziché no!- quindi il mio temperamento lo divertiva parecchio. 

Aggiungo pure come sia lui, sia Agazio e prima di loro, alcuni dei politici democrstiani reggini -tipo, Peppe Nicolò, Franco Quattrone, Lillo Manti, Vico Ligato, Bruno Napoli, Totò Delfino e Bruno Chine` (insomma, quelli che vedevo già in tenera infanzia da post poppante, nella mia casa a Bovalino)- compresero sin da subito, il personale ‘bernoccolo’ che avevo per la politica, quasi fosse impresso o discendente, nel codice genetico. Come si sa, io nella Democrazia Cristiana ero forlaniano e se per questo lo sono ancora, con coerenza (la quale è merce rara oggigiorno) anzi ero (e sono!) il pupillo di Arnaldo (e pure di molti altri), ma differerente da mio nonno, il quale fu degasperiano e poi andreottiano (e Giulio Andreotti, non me lo fece mai pesare il fatto di non militare nella sua corrente). In Calabria la nostra componente -pero`anche a Roma era così- aveva uno strutturato rapporto con quella di riferimento al ‘Divo Giulio’, perciò o direttamente o indirettamente (insomma di riffa o di raffa), Carmelino (assieme ad Angelo Donato e Donato Veraldi) fu il mio referente politico.Da qui, perciò, si susseguivano -quasi snodandosi in un reticolo di cuore e Partito- reiterati incontri ed occasioni, nei quali, lui -che era di una simpatia unica, frizzante, geniale (come tutte le persone intelligenti!)- parlava spesso con me e mi ‘istruiva’ benissimo, circa i rudimenti della politica. Se per questo mi raccontava, persino, tanti accadimenti del passato, tipo quando dopo le elezioni politiche del 1968, dovette ricucire il rapporto di alleanza interna alla DC catanzarese, con Elio Tiriolo, di cui parleremo , con il figlio Alberto, (altro mio caro amico), in una successiva occasione.

Già, perché Tiriolo, Pujia, Mule` e Ciccio Squillace, rappresentavano -nel nostro Partito di allora- la ‘filiazione’ catanzarese dei Giovani Turchi’, nati quasi diciott’anni anni prima, a Sassari (grazie a Francesco Cossiga, Nino Giagu Demartini e Beppe Pisanu).

Ciò premesso, qualche tensione a seguito della mancata elezione di Elio Tiriolo -in quella tornata elettorale- scaturì con Carmelino, ed infatti il povero Don Ernesto Pucci, dovette faticare parecchio, per mediare, quindi ripristinare, con successo, la concordia, sempre politica, ovviamente, poiché di politica parliamo.

Per essere più precisi, Don Ernesto, venne coadiuvato da Cesarino Mule`, il quale al di là delle apparenze, pure lui aveva un senso dell’umorismo, molto spiccato, ma le sue battute, prendevano una china -oserei dire- ‘britannica’.

Difatti, per convincere Carmelo ad andare all’incontro definitivo per il chiarimento tanto agognato, Cesare -che a sua volta aveva dato ad intendere, come la cosa non fosse una vittoria di Tiriolo, bensì un atto conciliatorio- se ne uscì con una delle frasi, tra le più sinceramente spiritose ed esilaranti: “Carmelo mio, quando si pareggia, il risultato si festeggia sempre a casa dei vincitori”.

Ecco, ciò è stata la DC, una sapienza infinita, di buonsenso, intelligenza, tatticismo, strategia, cultura, equilibrio e tanto altro ancora e in positivo. 

Da quella storia, vengo pure io, formato da molti di questi giganti, ricordandomi sempre le parole di Carmelino: “Vicenzi` moticatti e va ma lavura”. Carmelo mio, mi manchi e mi manchi tanto, ma come vedi, sono ancora qua a lavorare, in virtù di quanto mi hai insegnato e so che sarai soddisfatto. Noi tanto, ogni giorno continuiamo ad ‘intenderci’, al pari di come ho confessato a tuo figlio Alberto e ad altri. È vero? Certo che è vero!

D:Alberto, a noi: che padre è stato il tuo?

R:Vincenzo, lo sai, è stato un padre molto forte caratterialmente, che però riusciva a fare sentire la sua presenza, anche quando non lo era in modo fisico. Aveva le sue ‘esigenze’, cioè ci teneva a trasmettere i suoi insegnamenti e come tutte le persone di carattere, talvolta poteva passare per avere delle scontrosità, le quali invece erano una maschera di superficie, a fronte di questioni quotidiane che affrontava.

D:Che ricordi hai della tua infanzia con un padre così impegnato -e pure bene- in politica?

R:Sono il più piccolo della famiglia, perciò della politica, a differenza tua che l’hai sempre fatta e te ne sei interessato, io non è che me ne curassi molto. Certo, durante -non tanto l’infanzia- l’adolescenza, avvertivo a Catanzaro, dove vivevamo, quanto fosse chiaro il lecito ‘peso politico’ di mio padre e ci tengo a precisare, come lui lo avesse conquistato, a differenza dei -come li chiami tu? Parapolitici odierni?- grazie ad un consenso reale. Tutto questo, lo ha ottenuto con impegno, mettendoci moltissimo tempo, ma in modo inesorabile, pure facendo sì che sottraesse vicinanza palpabile agli affetti familiari (ma restando, comunque, vicino e presente!). Poi, aveva un rapporto umano con i suoi elettori e i suoi seguaci: tutto ciò era normale, in quell’epoca, così come era altrettanto normale il contatto e la cura del collegio elettorale, sia quando era alla Regione, cioè la vecchia provincia di Catanzaro, sia alla Camera, cioè come ripeti sempre, dal Pollino a Bovalino.

D:Il rapporto tra tuo padre e Riccardo Misasi era molto intenso, molto vero, molto affettuoso: in famiglia come ne parlava?

R:Di politica, parlava, ma più con i miei fratelli maggiori, ti ripeto e lo sai, perché a me interessava relativamente. Su questo, sei più addentro. Per altro, avevi il rapporto diretto, perciò vedevi le cose in prima persona. Ti apprezzava, lo diceva spesso, anche perché essendo noi due quasi coetanei, mi faceva battute di compiacimento, sul tuo impegno politico. Avete un carattere simile per molti versi! Certo, di Misasi, aveva affetto e stima, provava un sentimento di amicizia e credo proprio che loro avessero trovato un modus di convivenza, non forzata, bensì sentita, per operare assieme, a favore sia del Partito (ovvero la DC) e, principalmente, per la Calabria.

D:A livello nazionale, Carmelo li ha conosciuti tutti i grandi della sua epoca. Con due di loro –lo so benissimo pure io e ne sono testimone- ha avuto un feeling particolare, cioè con Ciriaco De Mita e Giulio Andreotti: sul punto, ci vuoi dire qualcosa?

R:L’ho detto prima, sei più esperto e maggiormente conoscitore, però lo confermo. Con De Mita, aveva rapporti stretti, strettissimi, così come poi li ha avuti, con Andreotti e molti degli Andreottiani, ovvero Pomicino, Cristofori, la Fumagalli, Sbardella e Formigoni.

D:Tuo padre una volta mi raccontò-lo ricordo bene, era domenica 13 Luglio 2008 (cioè sei giorni prima del mio matrimonio), in quanto mi invitò a pranzare, io e lui da soli, a casa vostra al mare- di quando fece un viaggio ad Hammamet, durante un periodo di fine anni ’90 e andò a trovare il povero Craxi. Carmelo era un sentimentale -e` vero, lo posso testimoniare, pure se alle volte aveva un sua irruenza, come me d’altronde- e mi descrisse quell’incontro toccante e commovente. Ci vuoi tu dire come ando`? Questa è una cosa che non molti sanno!

R:È vero, lo fece questo incontro, perché sentì il dovere di farlo e di rendere omaggio, ad un ‘Grande Italiano’, il quale era stato ingiustamente trattato, condannandolo per di più ad una triste fine. Fu un gesto coraggioso per quegli anni, però papà aveva coraggio e questo lo si sa, è un fatto notorio. Non divulgò a tutti o con enfasi pubblicistica questa visita, solamente per una questione di pudore e riservatezza, perché mio padre, al di là di tutto, era una persona riservata, la quale viveva di pudori intimi. Per certi aspetti, con Craxi, erano simili, caratterialmente, anche in questo. Lo apprezzava, però, lo ha sempre apprezzato e lo disse pubblicamente, anche quando il leader socialista, andò in esilio. Si, lo definiva, un vero, priorio, ingiusto, esilio.

D:Alberto, inutile negarlo, tra tuo padre e Agazio (Loiero, ndr) c’era rispetto -lo so e tutti lo sappiamo- ma anche tesa concorrenzialità. Posso permettermi di chiederti qualcosa in merito? Non voglio apparire indiscreto o dissacrante. Semmai è giusto far sapere alle persone, quale e quanto stile c’era nel nostro Partito, proprio per fugare speciose, fallaci e apocrife ricostruzioni, piuttosto che insulse o maligne interpretazioni ex post.

R:Vincenzo, qui, lascio a te il tutto: è il tuo campo e ne sai più di molti! Certo, il fatto che tu fossi con papà -tramite la componente, di Angelo Donato e Donato Veraldi, ma con lui avevi il rapporto diretto e ti considerava il vero delfino!- lo inorgogliva, però non era una questione di sua vanità strumentale, bensì di sincerità affettiva, anche di apprezzamento e stima, verso te e che manifestava in modo convinto. L’ho detto prima, i vostri caratteri per la risolutezza, la tenacia, hanno sempre collimato. Persino, adesso che non c’è più, quando vedo le tue polemiche politiche, sorrido con commozione, poiché mi ricordo di lui, con quale attiva strategia imbastisci le cose, oppure come non molli mai la presa. Di Loiero, lo mettevano in allerta, le sue capacità di pervasione politica in seno alla Democrazia Cristiana Catanzarese e Calabrese, perché faceva di tutto -legittimamente- dal punto di vista politico, pur di essere il suo alter ego. È stato, un gran bel confronto, cioè uno spettacolo di grande spessore, a cui oggi non siamo più abituati.

D:Alberto, ti chiederò ora è un ricordo bellissimo seppur doloroso. Non posso non farlo, in quanto è anche una maniera sinceramente sentita per parlare di tuo fratello Toni, a cui pure io volevo bene. Immagino quanto può essere difficile, perché gli stessi sentimenti struggenti li aveva zia Anna Maria (Nucci, ndr), per quanto riguarda la sorte toccata a suo figlio Giorgio (Mauro, ndr). C’è una frase bellissima, che ho letto in un libro scritto da tuo padre, cioè quando parlando Idealmente con la sua defunta madre -ovvero tua nonna!- lui le chiede: “Mamma, hai visto Toni?”. Ecco, quella frase, tutto il suo successivo discorrere, mi ha commosso e a Carmelino -quando siamo andati a trovarlo io e Mario Tassone, nell’Aprile del 2021- glielo dissi. C’era una tenerezza nostalgica e sofferente, ma al tempo stesso un pudore e tanta, tanta dignità. È stata dura per tuo padre, per tua made, così come per Antonella tua cognata (la moglie di Toni), tuo nipote Carmelo (‘Chicco’, il figlio di Toni), così come per Arturo, Aldo, Marica (cioè i tuoi fratelli e tua sorella) e per te. Soprattutto per te, immagino più di molti, in quanto so e ricordo il vostro rapporto. Se non sono inopportuno, posso chiederti di dirmi qualcosa? Quello che vuoi.

R:Hai detto tutto: aggiungere qualcosa è una sofferenza infinita, grande, immensa! Abbiamo sofferto e chi è rimasto su questa terra, continua a soffrire. Certo, quella frase nel libro di papà, che hai ricordato, la dice lunga, su coloro i quali, lo hanno pregiudizievolmente giudicato e classificato, per tutta una vita, come una persona rude, oppure scarsamente sensibile. Papà aveva -al pari di molti- una sua sensibilità profonda, ma la celava, perché era figlio di una sua epoca anteguerra, perciò era cresciuto nel periodo successivo al conflitto, tra gli stenti di un’intera generazione, la quale non aveva nulla e si preparava, lavorando sodo, alla ricostruzione. Per quanto riguarda me, è vero quello che dici, cioè Toni, mi manca da morire, tantissimo, epperò con lui parlo sempre, perché c’è e ci sarà sempre.

D:Alberto, un’ultima cosa, cioè, che avrebbe detto tuo padre rispetto ai tanti ‘disastrosi’ neofiti che popolano la scena? Siccome io mi rifaccio sempre a lui -e ne sono testimoni molti, tra cui Lillo Manti, Franco Petramala, Donato Veraldi, Peppino Aloise, Marcello Furriolo, Franco Cimino e Gino con Michele Trematerra- vorrei che fossi tu a dirlo, non solo come suo figlio, ovvero testimone diretto e attendibile, di colui che è stato uno dei miei indiscussi maestri. Certamente quello con cui avevo più consonanza caratteriale. Me lo riconosci?

R:L’ho detto prima e più volte, nel corso di questa intervista e lo riconfermo: siete quasi uguali caratterialmente, anche nel conoscere i limiti a cui aspirare dal punto di vista della carriera. Si, quando ti impuniti e combatti, me lo ricordi, eccome, poiché c’è la passione politica, a muovere il tutto. Lo fu per lui, lo è per te, persino al netto delle vostre battute, le quali possono essere o meno, considerate dissacranti, ma che rendono unico, il vostro modo di essere.

Print Friendly, PDF & Email