Mer. Mag 1st, 2024

Secondo la Dda di Catanzaro la ‘ndrangheta avrebbe utilizzato società in Ungheria per riciclare il fiume di denaro proveniente dalle attività illecite

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Sale a 58 il numero degli indagati nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri denominata “Rinascita Scott 3-Assocompari” su un presunto giro internazionale di riciclaggio che coinvolge diversi esponenti considerati vicini al clan Bonavota di Sant’Onofrio. Il dato emerge dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dai sostituti procuratori antimafia Antonio De Bernardo e Annamaria Frustaci. L’inchiesta, sviluppata dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo, costituisce la prosecuzione del filone principale di Rinascita Scott. Secondo l’ipotesi accusatoria la ‘ndrangheta avrebbe utilizzato società in Ungheria e in altri Stati Europei per riciclare il fiume di denaro provento delle attività illecite che una volta ‘ripulito’ veniva reinvestito in immobili, ville di lusso, yacht. Al centro dello scenario ricostruito dagli investigatori lo studio di una professionista ungherese e un giro d’affari di milioni di euro. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari con contestuale avviso di nomina del difensore di ufficio e invito a presentarsi per rendere interrogatorio se richiesto riguarda i seguenti indagati: Loris Junior Aracri, 33 anni di Pizzo; Raffaele Arone, 48 anni di Sommariva del Bosco (Cuneo); Vincenzo Barba, 72 anni di Filogaso; Giovanni Barone, 54 anni di Roma; Kenneth David Baxter, 70 anni nato nel Regno Unito; Saverio Boragina 71 anni di Vibo Valentia; Basilio Caparrotta, 62 anni di Sant’Onofrio; Basilio Caparrotta, 52 anni di Sant’Onofrio; Gerardo Caparrotta 55 anni di Carignano (To); Francesco Caridà, 55 anni di Pizzo; Gianluigi Cecchi, 51 anni di Milano; Domenico Cichello detto Salvatore 43 anni di Vibo Valentia; Giuseppina De Luca, 55 anni di Vibo Valentia; Annamaria Durante, 48 anni di Vibo Valentia; Danilo Fiumara 54 anni di Francavilla Angitola (Vv); Giuseppe Fortuna detto Peppe 46 anni di Sant’Onofrio; Giuseppe Fortuna detto Pino 60 anni di Vibo Valentia; Luigi Fortuna, detto “Mastro Gino”, 57 anni di Vibo; Gavin Marc Kaye, 60 anni di Londra; Gaetano Loschiavo 35 anni di Sant’Onofrio; Guy Anthony Rees, 59 anni residente a Milano; Francesco Santaguida 45 anni di Vibo Valentia; Antonella Silvia Serrao, 59 anni di Francavilla Angitola; Fabrizio Solimeno 33 anni nato a Torino; Edina Margit Szilagyi 57 anni di Budapest; Eva Erzsebet Szilagyi 54 anni di Budapest; Erika Ventrice, 35 anni di Vibo Valentia; Marilena Ventrice, 34 anni di Soriano Calabro; Michele Vitale 44 anni di Chieri (To);  Sona Vesholli 30 anni nata in Albania. Gli indagati hanno adesso venti giorni di tempo dalla notifica del provvedimento per presentare eventuali memorie, produrre documenti, depositare indagini difensive e chiedere al pubblico ministero di essere sottoposti a interrogatorio. Trascorso questo arco temporale la Procura distrettuale di Catanzaro procedere alla richiesta di rinvio a giudizio. Nel collegio difensivo figurano Angela La Gamma (nominata d’ufficio per 21 dei 58 indagati), Sergio Rotundo, Tiziana Barillaro, Michelangelo Miceli, Leopoldo Marchese, Nazzareno Latassa, Marcello Scarmato, Marco Rigamonti, Giuseppe Barbuto, Bruno Ganino, Vincenzo Gennaro, Giosuè Monardo. Associazione mafiosa, riciclaggio internazionale, truffa e trasferimento di valori. Sono le principali accuse che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ipotizza a vario titolo nei confronti dei destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Il blitz dei carabinieri scattò all’alba dello scorso 23 gennaio colpendo gli interessi economici dell’articolazione di ‘ndrangheta dei Bonavota di Sant’Onofrio. Nel mirino della Procura antimafia guidata da Nicola Gratteri sono finiti presunti appartenenti al potente clan vibonese che, come raccontato da diversi collaboratori di giustizia, vanta ramificazioni nel Nord Italia e all’estero. A quattro dei 58 indagati, ovvero Giovanni Barone, i due Basilio Caparrotta e Gerardo Caparrotta, viene contestato il reato di associazione mafiosa e cioè l’appartenenza alla locale di Sant’Onofrio. In particolare, Giovanni Barone, per agevolare le attività di riciclaggio in favore della cosca, avrebbe costituito una serie di società di diritto italiano, ungherese e cipriota, fittiziamente intestate a terzi soggetti. Gli inquirenti ritengono di aver ricostruito anche le dinamiche sottese a una truffa, consumata nel 2017 dall’articolazione mafiosa, a danno di investitori omaniti che hanno versato la somma di un milione di euro dietro la promessa di ottenere il 30% delle quote di una società cui era riconducibile un compendio immobiliare a Budapest.

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