Una potenziale ‘guerra’ interna ai clan: lo scontro tra Mancuso e Accorinti per proteggere i loro interessi e alleati nella ‘ndrangheta vibonese
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Le tensioni tra i clan del Vibonese, evidenziate nelle carte dell’inchiesta antidroga condotta recentemente nell’ambito di “Maestrale Carthago”, sono testimoniate da un episodio del 2018, che ha rischiato di scatenare una violenta conflittualità. Si trattava di una transazione di una consistente quantità di marijuana che, non andando come previsto, poteva degenerare in violenza. Nel mezzo della controversia tra Salvatore Ascone e i fratelli Giuseppe e Valerio Navarra, erano presenti anche Emanuele Mancuso (ora pentito) e Giuseppe Antonio Accorinti.
Accorinti, noto come “Peppone” e considerato il boss di Zungri, è stato individuato dagli investigatori come parte del direttorio dei clan, la cosiddetta “caddara”, insieme al capo supremo Luigi Mancuso. Tuttavia, l’ultima operazione investigativa e l’inchiesta “Olimpo” suggeriscono che anche tra Accorinti e gli affiliati ai Mancuso ci siano stati attriti negli ultimi anni.
La disputa tra Ascone e i Navarra ha avuto origine da una transazione di marijuana albanese venduta dai fratelli al primo, con Mancuso che agiva come intermediario. Tuttavia, l’affare è andato male a causa della bassa qualità del prodotto e a un sequestro avvenuto a Rombiolo. Di conseguenza, Giuseppe Navarra ha chiesto a Ascone di restituirgli parte del carico con l’accordo che avrebbe pagato a rate. Tuttavia, non ha mantenuto gli impegni, portando Mancuso a intervenire intimorendo il fratello.