Sab. Mag 4th, 2024

Un viaggio a ritroso nel tempo per ricostruire la genesi e soprattutto i limiti della gestione governativa del settore, tra commissari inadeguati e scelte cervellotiche.

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Un ingegnere, un generale della Guardia di Finanza, un generale dei carabinieri, un prefetto: all’apparenza in comune queste figure hanno poco se non nulla, tranne il fatto che a queste figure lo Stato ha fatto ricorso per risollevare la sanità calabrese dall’emergenza nella quale vive da almeno 14 anni, in pratica dal 2009, Regione a guida centrosinistra con il governatore Agazio Loiero e primo anno di vigenza del piano di rientro. L’operazione “verità” che l’attuale presidente della Regione Roberto Occhiuto ha richiesto nell’ultimo Consiglio regionale sugli anni di commissariamento della sanità calabrese prima del suo insediamento, probabilmente dovrebbe partire da questo interrogativo: perché lo Stato ha inviato al capezzale del servizio sanitario regionale persone sicuramente rispettabili ma che con la sanità non c’entravano praticamente nulla (e spesso persino in pensione pure dai loro lavori)? Un interrogativo che si impone alla luce del fatto che oggettivamente il commissariamento della sanità calabrese – partito ufficialmente nel luglio del 2010 quando l’allora governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi nominò il neo governatore del tempo Peppe Scopelliti – alla fine si è rivelato un fallimento. Un fallimento anzitutto di “visione”, fondato anche su un larvato pregiudizio nei confronti della nostra regione, perché evidentemente lo Stato ha inteso la Calabria solo e soltanto come la classifica regione “canaglia” e l’emergenza della sanità in Calabria come un’emergenza solo criminale, contabile e burocratica, puntando quindi su “sceriffi” sicuramente bravi sul piano del contrasto al malaffare ma del tutto inadeguati sul piano prettamente sanitario. Finendo, lo Stato, inteso come livello centrale, con il combinare diversi pasticci, come vedremo. Scura con Oliverio Le tappe del commissariamento Teoricamente, il commissariamento doveva servire a rimettere ordine nel disordine gestionale e contabile, a migliorare la qualità delle prestazioni negli ospedali pubblici della Calabria, a porre un freno al pagamento delle doppie e delle triple fatture e all’insinuarsi della ‘ndrangheta e della corruzione, nemmeno tanto nascoste nelle pieghe delle aziende calabresi. Teoricamente, appunto, perché in realtà gli anni sono passati così come i commissari senza alcuna inversione di tendenza, anzi addirittura con un peggioramento di tutti gli indicatori, e con una mobilità passiva che ha finito con il galoppare drenando mediamente oltre 200 milioni dalle tasche dei calabresi

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