Dom. Mag 19th, 2024

L’impalcatura sosteneva un antico altoforno che rischia di crollare

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A tre anni dal restauro del villaggio siderurgico di “Chiesa Vecchia”, nella montagna della Ferdinandea di Stilo, si continua a rubare. Questa volta sono stati sottratti i tubi innocenti che imbracavano l’altoforno, che la ditta appaltatrice al restauro aveva montato per evitare che il manufatto crollasse.

I ladri hanno lasciato, alla base del forno, solo i grandi tasselli che sostenevano i tubi. Di sicuro si tratta di furto perché né la Soprintendenza né il Comune di Stilo avrebbero mai portato via i tubi, a conoscenza come sono dello stato di degrado in cui versa il reperto. È probabile che ancora nessuno sia a conoscenza del furto perché avvenuto da pochi giorni e nella zona, in questo periodo, si notano solo raccoglitori di funghi.

L’altoforno del XVII secolo versava in stato di abbandono dopo alcuni crolli e, nel corso dei secoli, aveva resistito a intemperie e all’aggressione della natura che l’aveva quasi, nascosto alla vista di quanti giungevano al villaggio.

Manufatto perfettamente descritto in una pubblicazione dall’Acai (Associazione calabrese di archeologia industriale) di Bivongi, artefice della realizzazione del primo ecomuseo delle ferriere e fonderie di Calabria sul territorio che da Monasterace si snoda a Bivongi, Pazzano, Stilo e Mongiana. Il forno fusorio del villaggio di Chiesa Vecchia rappresenta un’interessante testimonianza sulle tecniche di costruzione dei forni fusori nel passato industriale calabrese. È un pezzo unico del suo genere nel territorio regionale. Quello che si osserva è uno spaccato dell’altoforno, costruito con blocchi di granito con la sovrapposizione di due tronchi di piramide. Alla base e nel “ventre” rimane ancora traccia del materiale refrattario che ricopriva internamente il forno e si notano, tracce di materiale semifuso e di scorie di fusione. La ditta di Mistretta che ha curato il restauro ha portato alla luce altro materiale che, però, sta scomparendo perché molti visitatori lo portano a pezzzi via come souvenir.

Ricordiamo che circa 500 mila euro furono impegnati dalla Regione per il restauro, più 25 mila euro per l’acquisto del sito: soldi che stanno andando in fumo. Uno stato di abbandono ormai quasi irreversibile, su cui la Soprintendenza dovrebbe fare chiarezza. Tra i reperti trafugati, si ricordano anche i capitelli in stile ionico che ornavano la chiesetta e così il fonte battesimale del sec. XVII. E sarebbe giusto che dessero un segno anche i commissari del Comune di Stilo, così come fece l’ex sindaco Giancarlo Miriello, per il degrado in cui versa il sito.

Infine, alcuni componenti dell’Acai chiedono alla Soprintendenza che fine abbiano fatto i diari di scavo del villaggio siderurgico perché a oggi nessuno è riuscito a consultarli. Chiedono infine come mai e perché la stessa Soprintendenza non abbia convocato a Stilo la conferenza stampa a suo tempo promessa.

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